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Le guerre puniche e macedoniche (264-133 a.C.)

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Le guerre puniche e macedoniche (264-l33 a.C.) 



Nel 264 a.C. Roma entrò in guerra con Cartagine per il controllo del Mediterraneo: la città punica rappresentava in quel momento la più forte potenza marittima dell'Occidente, capace di controllare pressoché totalmente il settore centrale e occidentale del bacino del Mediterraneo, mentre Roma rimaneva ancora padrona del solo territorio italiano.

La prima delle tre guerre puniche scoppiò per la crescente rivalità politica ed economica tra Roma e Cartagine. Dopo le guerre tarantine, infatti, Roma aveva posto sotto la propria diretta influenza le città della Magna Grecia, minacciando in questo modo la supremazia cartaginese nel Mediterraneo meridionale, che poteva contare sui vasti possedimenti punici in Sicilia. L'occasione fu data dai mercenari campani mamertini, assediati a Messana (Messina), che chiesero aiuto a entrambe le città contro Gerone II di Siracusa. Cartagine, come si è detto, controllava già parte della Sicilia e i romani accolsero la richiesta con l'intenzione di cacciare i cartaginesi dall'isola.



Approntata la loro prima grande flotta, i romani dichiararono guerra e sconfissero i cartaginesi nella battaglia di Milazzo (260 a.C.), sotto la guida del console Caio Duilio. Nonostante altre vittorie, nelle acque di Tindari e al largo del promontorio Ecnomo (presso Licata), essi non riuscirono però a impadronirsi della Sicilia. Nel 256 a.C. un'armata romana guidata dal console Marco Attilio Regolo stabilì una base in Nord Africa, ma l'anno seguente i cartaginesi la costrinsero a ritirarsi, dopo averla duramente sconfitta presso Tunisi: Regolo stesso fu fatto prigioniero e molti dei soldati romani superstiti morirono travolti da una tempesta l'anno successivo.

La guerra continuò a lungo, combattuta in gran parte attorno alla Sicilia, e si concluse dopo alterne vicende solo nel 241 a.C. con una battaglia navale presso le isole Egadi, vinta dai romani guidati dal console Caio Lutazio Catulo; essa fruttò a Roma il controllo della Sicilia (prima regione a essere organizzata in provincia romana) e nel 237 a.C. la conquista della Sardegna e della Corsica, a loro volta costituite in provincia. Le condizioni di pace imposte ai cartaginesi dai vincitori furono durissime: oltre alle perdite territoriali e all'impegno di non belligeranza, essi dovevano restituire senza riscatto i prigionieri romani e impegnarsi a are una forte indennità di guerra.

Ora che Roma era in grado di competere sui mari, Cartagine cominciò a organizzarsi per una ripresa delle ostilità, attraverso l'acquisizione di una serie di punti d'appoggio in Sna, dove volutamente i cartaginesi provocarono i romani attaccando la città di Sagunto, loro alleata. La seconda guerra punica prese avvio nel 218 a.C. con la spedizione di Annibale in Italia, dalle basi snole attraverso le Alpi. Dopo aver vinto i romani presso i fiumi Ticino e Trebbia, egli si spinse verso sud ottenendo successivamente due importanti vittorie, al lago Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216 a.C.).

I condottieri romani di maggior spicco in questa prima parte della guerra furono il dittatore Quinto Fabio Massimo, detto 'il Temporeggiatore' poiché dopo la sconfitta romana del Trasimeno cercò di tenere a distanza il nemico e di logorarlo con una tattica attendista, e il console Caio Terenzio Varrone, sfortunato comandante dell'esercito romano a Canne. La guerra proseguì ancora a lungo, e vide da un lato una progressiva riconquista da parte dei romani del terreno perduto in Italia meridionale (presa di Siracusa, 212 a.C. e di Capua, 211 a.C.), dall'altro frequenti saccheggi e devastazioni da parte di Annibale, che depauperarono severamente l'agricoltura italica.

Dopo circa quindici anni il conflitto si spostò in Africa, dove Annibale fu chiamato per affrontare nel 202 il giovane generale romano Scipione Africano, che puntava su Cartagine. Annibale venne sconfitto in maniera definitiva nella battaglia di Zama (202 a.C.), in conseguenza della quale Cartagine fu costretta a consegnare la sua flotta, a cedere la Sna e i suoi possedimenti insulari nel Mediterraneo, oltre a are una nuova indennità di guerra. Roma rimase così la sola dominatrice del Mediterraneo occidentale e ampliò il suo dominio verso nord. Fra il 201 e il 196 a.C. le popolazioni galliche della Pianura Padana furono soggiogate e il loro territorio venne progressivamente romanizzato. La Sna fu mantenuta in regime di occupazione militare, e successivamente costituita in provincia.

La terza guerra punica, originata dal timore che la potenza cartaginese potesse tornare a prosperare, in virtù di una fiorente economia, fu condotta rapidamente a termine fra il 149 e il 146 a.C. da Scipione Emiliano, che conquistò e distrusse Cartagine dopo tre anni di assedio, trasformandone il territorio circostante nella provincia d'Africa.

Nel corso del III e del II secolo a.C. Roma fu anche impegnata in un lungo conflitto con la Macedonia per il dominio del settore orientale del Mediterraneo, che si svolse nel corso di tre guerre; nelle prime due le forze macedoni combatterono sotto il comando di Filippo V, sconfitto nel 197 a.C. a Cinoscefale. Nel frattempo, con l'aiuto degli stati della Grecia meridionale, suoi alleati, Roma combatté contro Antioco III di Siria, che fu vinto nella battaglia di Magnesia (189 a.C.) e obbligato a cedere i suoi possedimenti in Europa e in Asia. Il lio di Filippo V, Perseo, continuò la resistenza contro Roma, provocando lo scoppio della terza guerra macedonica; nel 168 a.C. il suo esercito fu sgominato a Pidna dal generale Lucio Emilio Paolo: la Macedonia divenne provincia romana nel 146 a.C. In quello stesso anno l'ultima rivolta della Lega achea contro Roma si concluse con la presa e la distruzione della città di Corinto: da quel momento la libertà della Grecia ebbe fine.

In poco più di un secolo, Roma divenne un impero che dominava il bacino del Mediterraneo dalla Siria alla Sna. Conseguenza di tali imprese furono i contatti con la cultura greca, di cui Roma poté apprezzare le arti e le lettere, la filosofia e i culti religiosi. Non a caso la letteratura latina ebbe un grande impulso a partire dalla seconda metà del III secolo a.C., con la traduzione di opere dell'epica greca e lo sviluppo di un teatro che su quello greco era modellato; nel secolo successivo queste tendenze si enfatizzarono, e si diffusero a Roma le prime scuole filosofiche greche. Se è vero che questa ellenizzazione della cultura romana dispiacque ai più conservatori, come al vecchio Catone il Censore, il filoellenismo divenne invece uno dei tratti distintivi dell'autorevole famiglia degli Scipioni.





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