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OPERAI DELLE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE
Sotto molti aspetti presentano delle analogie con l'operaio
massa delle grandi fabbriche, ma differentemente da questo trovano maggiori
difficoltà ad organizzarsi e a mobilitarsi in quanto più
facilmente individuabili perché costretti a muoversi in strutture
'compresse' e perciò più controllabili.
- Lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione: si
definiscono lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione
quella parte di essi che è produttiva e conservativa di valori
(trasporti, riparazioni) all'interno di questo settore, anche certe sacche di
privilegi tipo i portuali - per certi aspetti vere aristocrazie operaie negli
anni passati - vengono immancabilmente ridimensionate dalla ristrutturazione
attualmente in corso, così come pure per quanto concerne i lavoratori
produttivi dei servizi.
All'interno del proletariato metropolitano troviamo poi una serie di strati che
in parte vanno definiti in modo diverso dal passato. Essi sono:
1 - Lavoratori manuali del settore dei servizi: la separazione tra la funzione
lavorativa (lavoro manuale complessivo) è il controllo su di essa
(lavoro intellettuale complessivo) definisce i rapporti di classe fino a far
permanere la struttura del capitalismo al di là del superamento della
proprietà privata dei mezzi di produzione. Lo sviluppo di questa
separazione crea da un lato una nuova piccola borghesia (uso della
'scienza' contro il 'lavoro') ma dall'altro una ampia
fascia di lavoratori manuali nei servizi che oltre a subire un rapporto di
lavoro salariato si distinguono per i livelli di coscienza che sviluppano nelle
loro lotte, tanto da farne i migliori alleati della classe operaio, dato che di
questa vivono praticamente le stesse condizioni pur non producendo valori (v.
ospedalieri).
2 - Esercito industriale di riserva: è parte integrante della classe
operaia; comprende tradizionalmente tutti quei lavoratori in attesa di essere
inseriti nel processo produttivo, pur essendone temporaneamente espulsi. Si ha
così una 'fluttuazione' che tuttavia nell'attuale fase tende a
conurare la disoccupazione come dato strutturale di grosse dimensioni dello
Stato imperialista. Mentre la sovrappopolazione fluttuante è costituita
dagli operai temporaneamente licenziati o da quelli in cassa integrazione, la
sovrappopolazione latente vede oggi al suo interno la disoccupazione giovanile
come fenomeno più macroscopico, e politicamente più importante.
Secondo una recente statistica svolta nei paesi dell'OCSE essa tocca punte del
40% e oltre. Quello che a tutti gli effetti costituisce un vero e proprio
esercito ha dato vita in Italia ad un movimento di lotta su posizioni molto
radicali, con - anche - forme organizzative permanenti e direttamente collegate
con la classe operaia.
Tuttavia l'evoluzione delle forme di suddivisione della sovrappopolazione
presenta oggi una maggiore complessità rispetto alle forme storiche
analizzate nello schema di Marx e ciò si verifica attraverso la
formazione di uno strato di operai (e proletari) 'marginali' ma non
emarginati. Nel caso della sovrappopolazione stagnante descritta da Marx
abbiamo non solo un ritorno di lunga durata allo condizione di disoccupato (per
es. attualmente gli operai emigrati che tornano al Sud dai poli industriali
della CEE) ma anche uno stato di precarietà permanente come nella
attuale classe operaia marginale. Questa precarietà non va riferita alla
condizione occupazionale individuale dell'operaio, bensì alla stessa
unità produttiva in cui l'operaio è inserito. Ma oggi le
caratteristiche di questa 'area' della produzione sono strutturali,
'stabili nella loro precarietà', potremmo dire, infatti:
- decentramento della produzione rispetto all'azienda monopolistica è
l'effetto della tendenza all'aumento del capitale complessivo impiegato per
addetto. E' un'area marginale presente in tutti i settori dell'economia per
quanto in misura maggiore in quelli meno trainanti (dato che la sua funzione
non è determinata solo da motivi strutturali ma anche politici);
è presente in tutti i paesi a capitalismo avanzato con varie forme d'uso
della forza-lavoro (dal lavoro stagionale, al part-time, alla piccola fabbrica
fino al contratto a termine anche in certe grandi aziende ecc.);
- la sua soggezione alla 'spontaneità' del mercato consente
una maggior elasticità nell'uso della forza-lavoro contro la caduta
tendenziale del saggio di profitto tramite il prolungamento della giornata
lavorativa nei periodi di espansione congiunturale (plusvalore assoluto) e comunque
il minor costo della forza-lavoro nei periodi recessivi;
- è uno strumento di divisione politica della forza operaia come
l'esercito di riserva inteso nel senso tradizionale poiché questo, oltre a
regolare l'entità del monte salari, diminuisce la forza contrattuale
della fascia operaia meno privilegiata e ricatta in modo
'corporativizzante' quella delle grandi aziende.
Rispetto alla sovrappopolazione stagnante descritta da Marx, la differenza di
questa sta nel fatto che la sua condizione non è legata al ciclo della
crisi ma è la condizione derivante in modo permanente dai rapporti di
produzione dell'attuale fase capitalistica. L'unica possibilità di
cambiamento offertole come strato non è quella del 'rientro'
nella stabilità occupazionale alla fine del cielo, ma semmai quella
dell'emarginazione totale dato che non è prevista una fase di rilancio
delle forze produttive all'interno dell'attuale modo di produzione.
Se dunque parliamo di questa fascia operaia nell'esercito di riserva è
sole per comodità di esposizione, mentre la sua collocazione scientifica
sta all'esterno di essa: infatti gli operai si trovano in posizione intermedia
e oscillante tra la classe operaia occupata stabilmente e l'esercito
industriale di riserva, come occupati 'in modo diverso'.
3 - Gli emarginati: sono coloro che consumano senza lavorare o che comunque
sono totalmente espulsi dal processo produttivo, per cui sono privi di una
precisa e omogenea identità politica di classe; purtuttavia in questi
ultimi anni alcune fasce di emarginati sono venute acquisendo coscienza
politica e che trova nel proletariato extralegale e nel proletariato
prigioniero una espressione reale di avanguardia che si inscrive a pieno titolo
come potente fattore alleato della classe operaia. Per emarginati intendiamo
dunque i consumatori senza salario:
a) Proletariato extralegale: (in cui è compreso anche quello
prigioniero). E' determinato dall'emarginazione crescente di strati di popolo
dal processo produttivo, che ha innescato quel fenomeno che è definito
'criminalità di massa' favorita anche dalla mostruosa
disparità della ricchezza concentrata nelle mani di pochi.
L'impossibilità di trovare un lavoro stabile costringe strati di
popolazione a ricorrere a comportamenti illegali che tra l'altro, sono sempre
meno estranei anche alla classe operaia. Citiamo una statistica della
città di Roma relativa al 1971, è fatta da borghesi, però
consente di constatare gli indiziati di reato suddivisi per classi: operai e
lavoratori sono il 40,13%; studenti 11,71%; pensionati e casalinghe 7,73%;
senza professione 15,61%; che danno un astratto del totale degli indiziati di
reato pari a 75,18%. E' interessante notare che la più alta percentuale
di 'criminali' proviene dal mondo del lavoro. Il 'crimine'
diventa per gruppi di proletari il secondo lavoro! Le lotte dei detenuti e la
politicizzazione di interi ambienti della 'malavita' non sono dunque
un fatto strano e mostruoso, non è più possibile considerare
soltanto il carcere come veicolo di organizzazione e di lotta, anche se il
carcere resta il momento di maggiore socializzazione di questo
'segmento' di classe. Del resto, già Lenin nel 1905 notava
come in periodo di crisi economico-politica, il banditismo sociale diventa un
modo specifico di lotta di certi strati proletari urbani, gettati sul lastrico
dell'immiserimento; questo fenomeno tende a diffondersi all'interno della
classe operaia ed è assolutamente indispensabile trasformare queste
forme di lotta in azioni partigiane, coinvolgendo questi strati nella guerra
civile sotto la direzione del Partito Combattente.
b) Assistiti da enti pubblici e privati: (vecchi, handicappati, disadattati,
minorati ecc.). Anche i proletari anziani (pensionati) rientrano in questa
categoria, in quanto la loro emarginazione dal processo produttivo comporta
spesso anche l'emarginazione da tutti i rapporti sociali, pur non essendo
rinchiusi in una 'istituzione totale' (manicomi, ospizi ecc.). Anche
questi strati negli ultimi anni hanno dato vita a lotte estese dimostrando come
per il proletariato, in questa società, non ci sia pace fino alla fine.
e) Sottoproletariato tradizionale; quest'ultimo è praticamente
costituito da residui di classi disgregate e pur essendo ormai un fenomeno di
scarse dimensioni, almeno rispetto all'analisi che ne fecero Marx ed Engels,
resta però tuttora valido il giudizio che di esso diedero: '
putrefazione passiva degli strati più bassi della popolazione
suscettibile alle mene della reazione '. Esso resta pertanto,
così come è venuto storicamente confermandosi, il peggiore
alleato della classe operaia.
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