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Rivoluzioni del 1848

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Rivoluzioni del 1848

Ciclo storico segnato da insurrezioni, rivolte e rivoluzioni di straordinaria intensità che coinvolsero pressoché simultaneamente l'intera Europa, con l'esclusione della Gran Bretagna e della Russia. All'origine vi fu la crisi economica che aveva colpito l'Europa a partire dal 1845, ma le ragioni di fondo vanno individuate nell'intreccio tra problemi sociali, sollevati dalle organizzazioni operaie, e problemi politici, scaturiti dalle aspirazioni alla libertà e all'indipendenza.

In Italia si ebbero le prime insurrezioni a Palermo (12 gennaio 1848, a carattere autonomistico) e pochi giorni dopo a Napoli; la protesta convinse il re Ferdinando II di Borbone ad annunciare una Costituzione per il Regno delle Due Sicilie. Richieste analoghe trovarono ascolto in Piemonte, nel Granducato di Toscana e nello Stato Pontificio: il re di Sardegna Carlo Alberto e il granduca di Toscana Leopoldo II, e il papa Pio IX, si affrettarono a loro volta a concedere la Costituzione, che nel Regno di Sardegna ebbe il nome di Statuto albertino, legge fondamentale del futuro Regno d'Italia fino al 1948. Tra febbraio e marzo la rivoluzione si estese alla Francia con l'insurrezione antimonarchica del popolo di Parigi (22 febbraio), che portò all'abdicazione di Luigi Filippo e alla proclamazione della Seconda Repubblica.



Il governo repubblicano introdusse misure di contenuto democratico e sociale: suffragio universale maschile, libertà di stampa, riduzione a dieci ore della giornata lavorativa, creazione degli opifici nazionali (Ateliers Nationaux), voluti dai socialisti di Louis Blanc per combattere la disoccupazione. Nel giugno una nuova insurrezione popolare, scatenata dalla chiusura degli Ateliers, fu repressa con la forza dal governo, in cui avevano preso il sopravvento i settori moderati. Nella primavera, a Vienna (13 marzo) un episodio insurrezionale costrinse l'imperatore a concedere la Costituzione e a licenziare il cancelliere Metternich, l'alfiere della Restaurazione. Sulla spinta dei fatti viennesi scoppiarono rivolte nazionali in tutte le principali aree dell'impero asburgico: insorsero gli ungheresi, i boemi, i croati, gli italiani del Regno Lombardo-Veneto, tutti chiedendo l'indipendenza da Vienna. In Italia la questione nazionale e le rivendicazioni indipendentistiche animarono la sollevazione di Milano, guidata da Carlo Cattaneo (le Cinque giornate dal 18 al 22 marzo), prodromo della prima guerra d'indipendenza.

Negli stessi giorni l'insurrezione di Berlino costrinse il re prussiano Federico Guglielmo IV a convocare una Dieta, che si riunì a Francoforte, che avrebbe dovuto rappresentare l'Assemblea costituente dell'unificazione nazionale della Germania. In quella sede si scontrarono due ipotesi: l'una propugnava un'unione degli stati tedeschi sotto la Corona imperiale austriaca; l'altra, maggioritaria, sosteneva il ruolo della Prussia come centro di aggregazione dello stato nazionale. Ma a causa dell'opposizione del re prussiano, avverso ad accettare qualsiasi sovranità proveniente da un organismo democratico, la Costituente fallì il suo scopo. In Ungheria e in Boemia si formarono governi provvisori con l'obiettivo di costituire regimi politici nazionali e costituzionali. Per l'impero fu prevista la convocazione di un Parlamento eletto a suffragio universale.

Ben presto l'ondata insurrezionale si placò e tra le stesse forze sociali che ne erano state protagoniste insorsero perplessità e divisioni: si formò un'ala moderata, ovunque intimidita dalle agitazioni operaie che si stavano verificando, che finì per appoggiare le forze della reazione. La svolta partì dall'impero austriaco, dove l'imperatore abdicò in favore del nipote, il diciottenne Francesco Giuseppe. Nella primavera del 1849 il nuovo imperatore cominciò a contrastare le richieste dei liberali, incarcerando gli uomini che si erano battuti per la Costituzione e sciogliendo il Parlamento tedesco. Nel giugno del 1848 ordinò che Praga, capitale della Boemia insorta, fosse riconquistata dall'esercito. Più arduo si rivelò scongere la resistenza ungherese, perché i patrioti guidati da Lajos Kossuth tennero testa agli austriaci, appoggiati dai russi, fino all'agosto del 1849.

Anche in Prussia il re poté riacquistare l'assoluto controllo dei suoi territori sciogliendo il Parlamento che si era riunito a Francoforte. Solo in Italia i moti rivoluzionari ripresero nuovo slancio tra la fine del 1848 e l'estate del 1849: in Toscana si formò un governo popolare; a Venezia e a Roma fu proclamata la repubblica (vedi Repubblica di San Marco; Repubblica Romana). Ma il quadro europeo non favoriva il successo dei democratici, tanto più che la seconda sconfitta subita dall'esercito sardo a opera degli austriaci (battaglia di Novara, 1849) apriva la strada alla restaurazione.

A Roma, nel luglio, dopo l'attacco delle truppe francesi inviate da Luigi Napoleone (il futuro Napoleone III) su richiesta di papa Pio IX, i volontari repubblicani comandati da Giuseppe Garibaldi si arresero. A Venezia, assediata dagli austriaci, il capo dell'insurrezione, Daniele Manin, accettò la modulazione il 23 agosto 1849.





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