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L'impresa estrema che la potenza della Germania rese possibile fu il crimine più grande che la storia ricordi; tutto questo grazie al Nazionalsocialismo, Il termine che, più spesso abbreviato in 'nazismo', designa la dottrina politica che dava contenuto ideologico al National Sozialistische Deutsche Arbeiterpartei (NSDAP; Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori), improntando la sua azione e, in generale, tutta la politica interna ed estera di Adolf Hitler e del suo governo dal 1933 al 1945. I principi centrali della dottrina nazista, per alcuni aspetti affine al fascismo italiano, erano ispirati alle teorie che sostenevano una presunta superiorità biologica e culturale della razza ariana formulate da Houston Stewart Chamberlain e da Alfred Rosenberg.
Hitler propose, infatti, un piano di ampliamento del territorio nazionale, giustificandolo con la necessità di allargare il Lebensraum ('spazio vitale') per il popolo tedesco. Le altre nazioni dovevano sottomettersi alla razza ariana, in virtù della sua conclamata superiorità, destinata com'era a regnare sul mondo intero. Nemici degli ariani erano in primo luogo gli ebrei, responsabili del disastro economico e della diffusione delle ideologie marxiste e liberali.
Come conseguenza delle idee nazionaliste e razziste proclamate da Hitler nel Mein Kampf (1925), il regime nazista, sin dall'inizio, adottò misure di discriminazione sistematica contro gli ebrei, formalizzate in seguito nelle leggi di Norimberga (5 settembre 1935). Secondo l'ideologia antisemita e razzista del regime, ebreo era chiunque risultasse avere tre o quattro nonni osservanti della religione ebraica, indipendentemente dalla sua effettiva partecipazione alla vita della comunità ebraica; mezzo-ebreo era chi aveva due nonni osservanti o era sposato con un ebreo; chi aveva un solo nonno ebreo veniva designato come mischlinge (meticcio). Sia gli ebrei sia i mischlinge erano non-ariani e come tali soggetti a leggi e direttive discriminatorie.
Obiettivo dichiarato del regime nazista prima della seconda guerra mondiale era spingere gli ebrei all'emigrazione. Nella notte dell'otto novembre 1938, come rappresaglia all'assassinio a Parigi di un diplomatico tedesco da parte di un giovane ebreo, in Germania furono incendiate tutte le sinagoghe, infrante le vetrine dei negozi di proprietà ebraica e arrestate migliaia di ebrei. La cosiddetta notte dei cristalli convinse molti ebrei tedeschi e austriaci ad abbandonare il paese senza ulteriori indugi; centinaia di migliaia di persone trovarono rifugio all'estero, ma altrettante si videro costrette o scelsero di rimanere.
Nel 1938 anche il re d'Italia Vittorio Emanuele III ratificò leggi razziali antiebraiche, volute, sul modello di quelle tedesche, dal governo fascista di Mussolini. Ne conseguì un esodo, quantitativamente assai più modesto, di cittadini italiani di origine ebraica e di quanti, come il fisico Enrico Fermi, avevano un coniuge ebreo.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale (settembre 1939) l'esercito tedesco occupò la Polonia occidentale, che contava tra gli abitanti due milioni di ebrei, i quali vennero sottoposti a restrizioni ancor più severe di quelle vigenti in Germania. Furono, infatti, costretti a trasferirsi in ghetti circondati da mura e filo spinato; ogni ghetto aveva il proprio consiglio ebraico cui era demandata la responsabilità degli alloggi (sovraffollati, con sei, sette persone per stanza), della sanità e della produzione. Quanto era prodotto al loro interno veniva scambiato con forniture di carbone e cibo (perlopiù grano e verdure) in quantità sufficiente a raggiungere la razione ufficialmente stabilita di 1200 calorie a persona.
A un mese dall'inizio delle operazioni in Unione Sovietica, il numero due del Reich, Hermann Göring, inviò una direttiva al capo dei servizi di sicurezza, Reinhard Heydrich, incaricandolo di organizzare una 'soluzione finale' della questione ebraica in tutta l'Europa controllata dalla Germania. Dal settembre 1941 gli ebrei tedeschi furono costretti a indossare fasce recanti una stella gialla; nei mesi seguenti decine di migliaia di ebrei furono deportate nei ghetti in Polonia e nelle città sovietiche occupate. Si realizzarono i primi campi di concentramento (lager), strutture concepite appositamente per eliminare le vittime deportate dai ghetti vicini (300.000 dal solo ghetto di Varsavia). Bambini, vecchi e tutti gli inabili al lavoro venivano condotti direttamente nelle camere a gas; gli altri invece erano sfruttati per un certo periodo in officine private o interne ai campi e poi eliminati.
Il maggior numero di deportazioni avvennero nell'estate-autunno del 1942. Anche in questo caso, voci riguardo a stermini di massa giunsero agli ambienti ebraici all'estero e ai governi di Stati Uniti e Gran Bretagna. I casi di resistenza alle deportazioni furono rarissimi. Nell'aprile del 1943 gli ultimi 65.000 ebrei di Varsavia tentarono di opporsi alla polizia, entrata nel ghetto per la retata finale, ma vennero massacrati nel corso degli scontri, protrattisi per tre settimane.
Il trasporto delle vittime nei campi di sterminio avveniva generalmente in treno. La polizia ava alle ferrovie di stato un biglietto di sola andata di terza classe per ciascun deportato: se il carico superava le 1000 persone, veniva applicata una tariffa collettiva pari alla metà di quella normale. I treni, composti da vagoni merci sprovvisti di tutto, persino di buglioli e prese d'aria, viaggiavano lentamente verso la destinazione e molti deportati morivano lungo il tragitto. Le destinazioni più tristemente famose, fra le tante, furono Buchenwald, Dachau, Bergen-Belsen, Flossenburg (in Germania), Mauthausen (in Austria), Treblinka, Birkenau, Auschwitz (in Polonia). Quest'ultimo era il più grande tra i campi di sterminio; vi trovò la morte oltre un milione di ebrei, molti dei quali furono prima usati come cavie umane in esperimenti di ogni tipo. Per una rapida eliminazione dei corpi, nel campo vennero costruiti grandi forni crematori. Nel 1944 il campo fu fotografato da aerei da ricognizione alleati a caccia di obiettivi industriali; i successivi bombardamenti eliminarono le officine, ma non le camere a gas.
Al termine della guerra, nell'olocausto avevano trovato la morte milioni di ebrei, slavi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova e comunisti; tra gli ebrei le vittime ammontarono a più di sei milioni. Il ricordo delle vittime ebree svolse un ruolo di primo piano nella formazione di un ampio consenso nel dopoguerra attorno al progetto di costituire in Palestina uno stato ebraico che potesse accogliere i sopravvissuti alla tragedia: il futuro Stato di Israele.
Il comportamento dei capi nazisti della Germania nel loro desiderio di distruggere gli ebrei è spiegabile: essi prendevano sul serio le proprie teorie e credevano che l'Europa sarebbe stata migliore senza gli Ebrei. Resta difficile da capire, ma essenziale per chiunque desideri comprendere il comportamento dell'uomo nella società, come i capi nazisti fossero in grado di organizzare il massacro e di portarlo a termine su vasta scala, senza trovare resistenza.
Quanti tedeschi sapevano quello che stava succedendo? Purtroppo è impossibile stabilirlo. A quel tempo c'erano forti motivi, paura di punizioni, paure di accettare responsabilità, per evitare di indagare nelle attività delle SS e della polizia. Dal 1945 il desiderio di scolparsi indusse necessariamente a professioni di ignoranza. Qualsiasi risposta a questa domanda può solo essere approssimativa e incerta. Il governo tedesco non proclamò apertamente che cosa stesse facendo; al contrario, da parte di coloro che erano direttamente responsabili furono prese le misure elaborate per trarre in inganno, comprese misure per illudere se stessi: essi scrivevano e parlavano di "emigrazione" degli ebrei, di "risistemazione in Oriente", di "soluzione finale della questione ebraica", e così via. E' certo che tutti in Germania sapevano che gli ebrei venivano deportati. Probabilmente molti tedeschi pensavano che gli ebrei sarebbero stati realmente trasferiti altrove.
Così un'atmosfera di sacro orrore poté impregnare in diversa misura milioni e milioni di menti tedesche. Se una minoranza esecrava l'Ebreo, nutrendo verso di lui un odio omicida, vi era una maggioranza, non fondamentalmente antisemita, che permetteva lo si uccidesse e vi prestava la mano, poiché lo vedeva oggetto di esecrazione. Essa aveva imparato a non guardare: si trattava del destino degli ebrei non del loro. Furono queste le condizioni che resero possibile il genocidio. Tali premesse psicologiche erano indispensabili: poche migliaia di SS del servizio ebraico o dei "gruppi d'azione", pur con l'aiuto di trecento o quattrocentomila Waffen-SS, non avrebbero mai potuto assassinare sei milioni di esseri umani senza la tacita connivenza di tutto il popolo tedesco e della sua Wehrmacht.
Tuttavia sarebbe un errore ritenere tutti i tedeschi responsabili della malvagità dei nazisti e, anche se ciò fosse possibile, sarebbe un errore considerare la Germania come dotata di un genio innato per il male. Il significato storico del regime nazista è del tutto diverso: esso dimostrò la bassezza a cui possono scendere esseri umani civili. L'opinione che l'umanità ha di se stessa non potrà mai più non tener conto di quanto è potuto accadere.
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