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Il luddismo è un movimento popolare inglese che si è sviluppato all'inizio del XIX secolo per la lotta all'introduzione delle macchine. Il movimento prende il nome da Ned Ludd che nel 1779 spezzò un telaio in segno di protesta.
Le macchine erano considerate la causa della disoccupazione e dei bassi salari già da fine Settecento e la legge ne puniva duramente la distruzione o il danneggiamento.
La protesta sfociò in un movimento che vide protagonisti operai e lavoratori a domicilio. Questi, impoveriti dallo sviluppo industriale, decisero di colpire impianti, macchine e prodotti.
Per sfuggire ai
rigori della legge che vietava ogni associazione tra lavoratori, i luddisti
dovettero agire in clandestinità, subendo condanne a morte e
deportazioni.
Oltre a manifestare contro i nuovi metodi di produzione e a favore di
precedenti forme di produzione legate al lavoro a domicilio, i luddisti posero
i problemi che sarebbero stati fatti propri in seguito dalle organizzazioni
sindacali, come gli orari e le condizioni di lavoro, i minimi salari, il lavoro
minorile e femminile.
La dura repressione provocò una fase di stallo nel movimento che riesplose nel 1816 in concomitanza con la cattiva congiuntura economica. Sotto il nome di luddismo furono in seguito annoverate tutte le forme di lotta violenta contro l'introduzione di nuove macchine e, per estensione e con intento denigratorio, ogni resistenza operaia al mutamento tecnologico.
Il luddismo, con il
passare dei secoli, ha perso fascino mano a mano che gli uomini capivano che le
nuove tecnologie tolgono (posti di lavoro) ma anche danno (più tempo
libero, e meno fatica). E che si trattava, piuttosto che distruggere le
macchine, di imparare a sfruttarle a vantaggio dei lavoratori e non solo dei
padroni.
Ma la tecnologia cammina così velocemente che temerla una tentazione
irresistibile, e tutti ci ritroviamo un po' luddisti
Quando la sofisticazione estrema degli apparati ci fa sentire primitivi o
inadeguati e dunque ci suggerisce di accogliere molte delle diavolerie
più recenti con un serafico e respingente non mi serve.
Poi ci correggiamo, certo. Pensiamo alle tante volte che il non mi serve si
è trasformato, con pazienza ed umiltà, nella conquista di
un'utile familiarità, di un nuovo linguaggio, di confortevoli
comodità.
Ma la nostra continua battaglia contro l'istinto luddista rischia di essere
vanificata, oggi, da una nuovissima variabile (che ci riguarda, stavolta, come
consumatori e non più come produttori). Provo a definire questa
variabile: anche ammesso che io sappia usare questo ordigno che mi sono messo
in casa, non ho più il tempo materiale di usarlo.
Luddisti o ludditi vennero designati, fra il 1811 e il 1816, quegli operai che si radunavano segretamente in bande per distruggere o danneggiare le macchine, alla cui introduzione massiccia, soprattutto nell' industria tessile, essi attribuivano la crescente disoccupazione e la riduzione e la riduzione dei salari. Il movimento luddista, che ebbe il sostegno anche di larghi strati di popolazione non operaia, dette luogo a scontri con la forza pubblica e a dure misure repressive. Nel 1813 un processo di massa tenutosi a York , che si concluse con numerose condanne all' impiccagione e alla deportazione, stroncò temporaneamente il movimento. Una ripresa dell' agitazioni in quasi tutto il paese ebbe luogo nel 1816, anche in conseguenza dei cattivi e della depressione economica, ma si esaurì rapidamente in seguito a nuove misure repressive e al miglioramento della congiuntura.
NASCITA DELLA CLASSE OPERAIA
La classe operaia nacque con la rivoluzione industriale, grazie all'affermazione di metodi di produzione capitalistici e del sistema di fabbrica. Prima della rivoluzione industriale gli operai non formavano una classe omogenea, per ogni mestiere c'era una propria gerarchia. L'irruzione del capitalismo portò ad un declino inarrestabile del vecchio ceto di lavoratori, cambiando anche lo stile di vita della popolazione. La vita di fabbrica era pericolosa ed avveniva in luoghi dannosi alla salute. Il ritmo di lavoro era molto elevato e caratterizzato da una ferrea disciplina. Il rapporto padrone-operaio peggiora all'aumentare della ricchezza dei capitalisti ciò aumenta la distanza economica sociale tra i due gruppi. Sul piano economico gli operai dal 1790 al 1840 vissero una situazione tragica, per primo a causa di un salario insufficente e per la piaga della disoccupazione. Ci fù una scardinatura delle strutture familiari nelle miniere e nelle fabbriche tessili. Fin dall'età di 5-6 anni i giovani venivano fatti lavorare in ambienti malsani come le miniere, questa diventava una vera tortura fisica-psicologica. In questo clima di generale abbrutimento si diffusero le prime piaghe sociali come l'alcolismo, la prostituzione e la criminalità. Questa situazione che è stata valida prima di tutti in Inghilterra si affermò in seguito in tutti gli stati europei.
L'Inghilterra aveva già da decenni le premesse e le impostazioni sociali, per una imminente rivoluzione socio-lavorativa.
Gli effetti immediati della rivoluzione fu la ssa quasi totale del lavoro a domicilio.
Lo sviluppo impetuoso e disordinato dell'industria portò ad un aumento della tensione sociale e politica, sfociata in una vera e propria guerra di classe.
Si venne a formare una nuova classe formata da una folla di operai utilitaristici sottomessi dal loro padrone, il proletariato.
Queste tensioni sociali rallentarono questo processo di trasformazione ma non del tutto, tanto da dire che il sistema di fabbrica nel 1830 era pienamente affermato. L'economia dei paesi industrializzati era sempre più in mano ai capitalisti; che però non avevano peso politicamente. I borghesi compresero questa situazione e ciò portò ad una riforma letterale che apri le porte del parlamento alla nuova borghesia, mentre nella città avveniva la nascita della classe operaia.
Le pessime condizioni di queste nuove classi portò il malcontento e ci fù il ricorso alla forza e alla violenza in nome di Ned Ludd e del luddismo.
La nascita delle fabbriche portò ad un inurbamento, le città si svilupparono a discapito delle camne, ciò comportò un aumento demografico.
Il progetto che ha
portato alla costituzione dell'Associazione Newglobal.it, il 9 maggio 2003,
nasce sotto la spinta del Presidente e del Vicepresidente del Comitato Italiano
per la Promozione del Telelavoro, nell'ambito del Progetto 'Telelavoro ed
E-Business'.
Si tratta dunque di un 'progetto lio' di un altro progetto a piu'
ampio spettro e tendente a continuarne e specializzarne l'attivita' nell'ambito
della promozione delle attivita' telelavorative, soprattutto attraverso la
difesa dei diritti digitali, delle pari opportunita' lavorative, dell'ambiente,
della qualita' della vita, dei diritti dei lavoratori-consumatori-utenti.
Il termine newglobal si pone come sintesi e superamento dello scontro epocale
tra la globalizzazione selvaggia con tutte le sue contraddizioni ed il violento
rifiuto, moderno luddismo, degli inevitabili effetti della crescita
esponenziale della comunicazione, delle tecnologie telematiche e della
rapidita' delle attivita' commerciali, tanto quanto il termine telelavoro si
pone anch'esso come sintesi e superamento delle barriere tra datore di lavoro e
lavoratore, tra utente e fornitore di servizi.
Gli strumenti che Newglobal.it intende utilizzare sono la divulgazione di
informazioni, l'allargamento della base associativa, la pressione politica e
verso le Istituzioni, la realizzazione di sportelli telematici.
Il mondo ed anche gli italiani sono pronti per un'era newglobal e per il
telelavoro, ma molto resta ancora da fare dal punto di vista legislativo,
amministrativo, burocratico e di superamento di una motivata diffidenza verso
il mondo virtuale (come verso quello reale, che ne e' lo specchio, per la
verita') attraverso strumenti di sicurezza e garanzia nel lavoro, nei
amenti, nei contenziosi, nell'alea del lavoro, della salute e della
vecchiaia.
Il
bosco di Sherwood in Gran Bretagna è conosciuto per la leggenda di Robin
Hood. In queste terre è accaduto anche altro, ovvero è stato il
luogo della rivolta dei luddisti. Il luddismo è il movimento dei
tessitori inglesi dei primi dell'Ottocento, che si opposero alle nuove macchine
tessili della rivoluzione industriale.
I luddisti tentarono una lotta contro una certa tecnologia e un certo tipo di
progresso che stavano distruggendo le loro tradizioni, vale a dire saperi,
forme di solidarietà, pratiche di vita, arte e comunità.
Si rivoltarono non solo contro lo sviluppo tecnologico, ma anche contro la
logica del profitto che arricchisce poche persone a scapito di tutte le altre.
I luddisti tentarono in questo modo di farsi giustizia da soli, in mancanza di
un governo che salvaguardasse la loro autosufficienza economica, che
comprendeva la vera civiltà fatta dalle comunità di vicinato, la
casa, i campi, il mercato in piazza, le abilità del lavoro manuale.
L'autore di questo libro vuole liberare i luddisti dalla storiografia ufficiale
che li descrive come ottusi demolitori di macchine e raccontarli invece come
l'unico movimento popolare che riuscì a capire cosa l'industrialismo
avrebbe significato per l'umanità e la natura. Bisogna chiarire che i
luddisti si opponevano ai "macchinari nocivi alla comunità" perché il
problema non consiste nell'usufruire o nell'astenersi dalla tecnologia, ma nel chiedersi
se la tecnica si riveli benigna o maligna per chi vi ricorre, per la
comunità circostante, per la cultura, per l'ambiente, per il futuro.
Questo libro, scritto in forma narrativa e con la sistematicità di un
saggio storico e sociologico, è più che mai attuale in epoca di
rivoluzione informatica e ci può fornire anche un po' di saggezza
luddista per sopravvivere come specie consapevole.
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