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PRESENTAZIONE
Il seguente elaborato ha lo scopo di delineare il percorso di raccolta, trattamento, smaltimento e riuso dell'olio lubrificante usato.
Il XX secolo è stato caratterizzato dall'esplosione delle problematiche ambientali. Intensa industrializzazione, diffusione dei consumi, intensificazione delle colture, deforestazione: da queste attività sono conseguite molte minacce per l'aria, l'acqua, la terra, la salute dell'uomo e delle specie animali, che si sono manifestate in questo secolo in modo sempre più evidente.
E' nata così la consapevolezza ambientale. Dapprima, come risposta ideologica ed elitaria, collegata con i movimenti di protesta che hanno attraversato la seconda metà del Novecento. Poi, anche in conseguenza di eventi catastrofici, come l'incidente al reattore della centrale nucleare ucraina di Cernobyl il 26 aprile 1986, nacque un atteggiamento, progressivamente sempre più diffuso, di attenzione e responsabilità nei confronti dell'ambiente.
Nella seconda metà del Novecento, l'umanità ha scoperto che i suoi comportamenti individuali e collettivi influenzano, talvolta in modo determinante, lo stato dell'ambiente in cui vive. Allo stesso tempo i governi e le istituzioni si sono trovati di fronte alla necessità di elaborare strategie e azioni che rispondessero alla necessità di preservare la salute di questo pianeta. La tutela delle politiche di salvaguardia dell'ambiente richiedono, per la loro efficacia, una consapevolezza diffusa da parte di tutti - amministratori, operatori, consumatori - sulla imprescindibile necessità di essere protagonisti di una rivoluzione culturale che vede l'ambiente al centro di uno sviluppo economico ordinato e durevole.
Va in questa direzione la rinnovata normativa europea nazionale e regionale sulla valutazione dell'impatto ambientale (V.I.A.) che prevede un dialogo stretto tra pubblico e privato per rendere concreti i principi dello sviluppo sostenibile.
In questo conteso si inserisce un'ampia normativa sul recupero energetico: Direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE concernenti l'eliminazione degli oli usati, il D.P.R. n.691 del 1982 e D.lgs. 95 del 1992 attuativi delle direttive suddette, il D.lgs. n.22 del 1997 meglio noto come "Decreto Ronchi". Tali norme prevedono il recupero degli oli minerali usati, in quanto rifiuto altamente pericoloso e nocivo per l'ambiente mediante l'istituzione del C.O.O.U. e il coinvolgimento di tutti i soggetti che intervengono nella filiera dell'olio.
Le leggi che hanno stabilito limiti e divieti ai fini della tutela delle risorse e della qualità della vita, a fronte dei diversi guasti creati dall'incuria e dall'utilizzo selvaggio del patrimonio ambientale esistente, devono oggi assicurare un salto di qualità: segnare la strada lineare e comprensibile a tutti per operare al meglio, garantire certezze di riferimento, semplificazione delle procedure, eliminare percorsi contraddittori o tortuosi, per individuare soluzioni sempre più idonee a cementare la consapevolezza di raggiungere obiettivi comuni.
OLI MINERALI - EFFETTI INQUINANTI
L'olio è una sostanza di origine minerale, animale, vegetale, costituita nel primo caso da idrocarburi ad alto peso molecolare e negli altri due da miscele di gliceridi.
In particolare gli oli minerali prendono origine dal petrolio, un liquido di origine naturale, di odore caratteristico e colore variabile dal verde sporco al bruno-nerastro, costituito da una miscela di idrocarburi, principalmente liquidi ed in proporzione minore gassosi e solidi. Sono presenti anche altre sostanze, come composti organici ossigenati, composti dello zolfo, etc. Gli oli minerali assieme agli altri derivati del petrolio hanno dato al mondo una grande disponibilità di energia a basso costo, contribuendo sostanzialmente allo sviluppo industriale dell'ultimo secolo.
Gli oli utilizzati nell'industria provengono quasi esclusivamente dalla distillazione e raffinazione del petrolio grezzo. Vengono utilizzati nell'industria per l'ingrassaggio e la lubrificazione di parti meccaniche in moto relativo e, nell'industria elettrotecnica, come isolante.
Dal punto di vista chimico, sono idrocarburi che possono essere distinti in: paraffinici, naftenici, aromatici, non saturi Gli idrocarburi paraffinici hanno una temperatura di fusione più elevata di quella degli idrocarburi naftenici, ciò che li rende controindicati per lubrificazioni a bassa temperatura, ma il loro indice di viscosità è più alto, cioè la variazione della viscosità con la temperatura è meno sensibile. Il loro punto di infiammabilità è più elevato. Gli idrocarburi naftenici hanno una temperatura di fusione più bassa di quella degli idrocarburi paraffinici; hanno inoltre una untuosità più spiccata. Gli idrocarburi aromatici sono non saturi, a legami doppi o tripli; sono maggiormente ossidabili e polimerizzano facilmente dando luogo a precipitati insolubili. Quelli aromatici sono gli idrocarburi a maggiore untuosità; hanno l'inconveniente di presentare un indice di viscosità piuttosto basso, per cui sono molto sensibili alle variazioni di temperatura.
Per gli oli isolanti la viscosità non ha alcuna importanza, mentre è essenziale la stabilità; a tale scopo si utilizzano oli dai quali sono stati eliminati gli idrocarburi non saturi (a causa della loro ossidabilità) con un'opportuna raffinazione. Questi oli contengono percentuali rilevanti di idrocarburi sia paraffinici che naftenici. Per l'ingrassaggio si utilizzano di norma miscele di oli i cui costituenti sono solitamente idrocarburi paraffinici e naftenici a cui sono stati addizionati particolari correttivi.
Gli oli minerali usati sono il risultato dell'impiego di oli lubrificanti: si stima che i due terzi di questi vengano consumati nell'utilizzo, mentre il restante costituisce l'olio usato.
Durante l'impiego l'olio lubrificante subisce trasformazioni chimico-fisiche che lo rendono inadatto a svolgere le funzioni cui era inizialmente destinato e ne richiedono la sostituzione.
L'art. 1 comma 1 del Decreto legislativo n.95 del 27 gennaio 1992, che in Italia disciplina tutta la materia legislativa riguardante gli oli usati, definisce come olio usato: "Qualsiasi olio industriale o a base minerale o sintetica divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, in particolare gli oli usati dei motori a combustione interna e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli minerali per macchinari, turbine o comandi idraulici e quelli contenuti nei filtri usati".
In Italia vengono annualmente immesse al consumo circa 600.000 ton. di olio lubrificante, da cui si stima residuino circa 200.000 ton. di olio usato.
Se eliminato in modo scorretto o impiegato in modo improprio, questo prodotto può trasformarsi in un potente agente di inquinamento:
se versato in terra l'olio usato penetra nel terreno e avvelena piante ed animali
se disperso in acqua (attraverso le fogne o i corsi d'acqua) provoca danni gravissimi: cinque litri di olio usato (il cambio d'olio di un auto) coprono, con una sottile pellicola, una superficie di 5.000 mq. di uno specchio d'acqua, impedendone l'ossigenazione e trasformandosi in una coltre mortale per tutti gli organismi viventi
se bruciati indiscriminatamente, in dispregio delle normative di legge in materia, cinque litri di olio usato, immetterebbero nell'aria sostanze inquinanti, causa di possibili intossicazioni e malattie.
L'olio lubrificante minerale avendo origine petrolifera è un prodotto prezioso che può e deve essere ecologicamente recuperato per favorire il risparmio di una fonte esauribile di energia. L'olio usato è per la quasi totalità riutilizzabile, pur presentando caratteristiche differenti a seconda della sua provenienza: ad esempio, l'olio usato proveniente dall'autotrazione è generalmente utilizzabile per la produzione di basi lubrificanti rigenerate, mentre quello proveniente dall'industria lo è in percentuali minori.
In particolare, se destinato alla rigenerazione, un Kg e mezzo di olio usato produce un Kg di base lubrificante di ottima qualità. D'altro canto l'olio usato possiede un alto contenuto energetico, paragonabile a quello di un olio combustibile: 150.000 ton. di lubrificante usato, se bruciate in forni idonei, potrebbero fornire energia sufficiente a sopperire per un anno alle necessità domestiche di una comunità urbana di circa 70.000 persone. L'olio usato recuperato rappresenta, dunque, un'autentica ricchezza economica.
CONSORZIO OBBLIGATORIO DEGLI OLI USATI
Il 16 giugno 1975 il Consiglio delle Comunità Europee emana una direttiva sull'eliminazione degli oli usati, la legislazione italiana recepisce tale direttiva nel 1982 quando, con un decreto del Presidente della Repubblica, viene istituito il Consorzio Obbligatorio degli Oli usati. Successivamente, con il decreto legislativo 95 del 1992, l'Italia adegua il proprio ordinamento giuridico anche alla Direttiva CEE 101/87, ponendo la questione ambientale al centro della normativa.
La creazione di un organismo, il Consorzio, nel quale si incontrano sinergicamente pubblico e privato appare una soluzione originale ed efficace del problema della raccolta e del recupero dell'olio minerale usato. Infatti pur essendo un "Ente strumentale dello Stato", la cui costituzione è obbligatoriamente stabilita dalla legge in vista degli scopi socialmente rilevanti che persegue, il Consorzio ha natura privatistica, ma senza scopo di lucro. Ne fanno parte le imprese che immettono al consumo lubrificanti di base e finiti e le imprese di rigenerazione che dagli oli usati producono basi lubrificanti rigenerate. La soluzione adottata realizza dunque ottimamente la commistione tra pubblico e privato, lasciando al primo la responsabilità di indirizzo e controllo e al secondo la responsabilità gestionale per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla legge, in modo trasparente, efficace ed economico.
Senza alcun aggravio per la collettività e sulla base del principio "chi inquina a" (i costi, al netto dei ricavi, sono annualmente ripartiti in modo proporzionale tra le imprese consorziate), il Consorzio svolge funzioni di interesse pubblico. Senza di esso, l'olio usato generato dalle industrie e da milioni di automobilisti verrebbe in gran parte gettato o bruciato illegalmente, provocando danni irreparabili alla natura, inquinando l'acqua, la terra, l'aria e distruggendo un'importante fonte di energia.
L'articolo 11 del decreto legislativo 95 del 1992 definisce i compiti del consorzio. Esso è tenuto a:
1) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione degli oli usati;
2) assicurare e incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
3) espletare direttamente le attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano direttamente richiesta nelle province ove manchi o risulti insufficiente o economicamente difficoltosa la raccolta rispetto alle quantità di oli lubrificanti immessi al consumo;
4) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione;
5) cedere gli oli usati alle imprese autorizzate alla loro eliminazione;
6) proseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativo;
7) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
8) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente ai ministri che esercitano il controllo corredati da una relazione illustrativa;
9) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili raccolti e della produzione dell'impianto, i quantitativi di oli usati richiesti a prezzo equo e comunque non superiori al costo diretto della raccolta.
Dall'analisi della normativa emerge con chiarezza il ruolo primario del Consorzio: garantire la raccolta e il riutilizzo degli oli usati. L'esperienza maturata, l'articolata rete di raccolta e la "vocazione" al perseguimento di fini sociali confermano la centralità di un organismo al quale la legge ha delegato il perseguimento di finalità ambientali e di recupero energetico.
Il fatto che la più recente normativa abbia in coerenza con gli indirizzi della CEE, liberalizzato il mercato dei lubrificanti usati, non modifica in nessun modo diretto l'impegno del Consorzio verso il raggiungimento di livelli di raccolta sempre più significativi. Il Consorzio è infatti in grado di intervenire capillarmente su tutto il territorio nazionale, mettendosi a disposizione dei cittadini che detengono olio usato, a favore dei quali ha attivato canali diretti di contatto e di informazione. Questa organizzazione territoriale da un contributo fondamentale al successo dell'attività del Consorzio. I suoi operatori sono infatti dotati di tutto il know-how necessario per svolgere il proprio compito nel rispetto della legge e delle norme di sicurezza, dando un grande impulso alla raccolta.
La centralità del Consorzio è poi confermata dai compiti che la legge gli affida in tema di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
L'impiego su questo terreno viene significativamente esteso dalla legge alle aziende consorziate. Le risorse tradizionalmente dedicate dal consorzio alla comunicazione ambientale e l'esperienza maturata rappresentano un punto di partenza. Si tratta, a questo punto, di accentuare l'impegno sul piano dell'informazione e dell'educazione dei detentori.
Paradossalmente, i significativi livelli di raccolta raggiunti rendono l'impegno del Consorzio più difficile: la quota di prodotto che manca all'appello coincide, in gran parte, con quella in possesso di piccoli detentori.
Il Consorzio dovrà dunque raggiungere soprattutto coloro che, a causa delle piccole quantità trattate, sono più propensi a dimenticare i severi obblighi che la legge impone, perché credono che poco olio gettato significhi pochissimo inquinamento.
Per questi motivi il Consorzio ha progressivamente privilegiato l'adozione di iniziative dirette a modificare un comportamento scorretto dal punto di vista ambientale. Coerenti con questi obiettivi sono anche le iniziative di coinvolgimento delle categorie produttive e dei giovani.
Grazie alla scelta di creare il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, l'Italia è all'avanguardia in questo settore della difesa dell'ambiente, ponendosi tra i primi posti in Europa per la quantità raccolta, rigenerata e riemessa in circolazione.
LA RACCOLTA E I TRATTAMENTI
Il C.O.O.U. svolge una funzione di coordinamento dell'attività di raccolta, stoccaggio, classificazione e trasferimento dell'olio usato ai fini di rigenerazione, combustione o termodistruzione.
L'organizzazione della raccolta è affidata ad aziende raccoglitrici dislocate in tutte le regioni d'Italia che effettuano la raccolta degli oli stoccandoli nei propri depositi. Successivamente essi procedono alla consegna dell'olio usato ad uno dei depositi di stoccaggio del Consorzio.
LO STOCCAGGIO
L'olio consegnato dai concessionari dovrà essere sottoposto ad analisi di laboratorio ai fini della sua classificazione. La classificazione serve a specificare la tipologia di olio e di conseguenza ad individuare la via migliore per la sua eliminazione. A seguito delle analisi effettuate, in base al tipo d'olio individuato, esso sarà inviato in un serbatoio di stoccaggio nel quale verrà conservato fino al momento della vendita.
Il Consorzio si avvale di sei depositi principali: 3 al nord, 2 al centro e 1 al sud.
I PROCESSI DI TRATTAMENTO
Esistono diversi processi a cui possono essere sottoposti oli usati:
Rigenerazione;
Combustione;
Termodistruzione (senza recupero di calore).
Grazie ai processi di rigenerazione e combustione, tutto l'olio raccolto viene utilizzato, consentendo il recupero energetico, fornendo un contributo positivo alla bilancia dei amenti e riducendo la necessità di importazioni di petrolio greggio.
In questo modo, inoltre, l'olio usato raccolto non contribuisce ad inquinare l'ambiente: ciò costituisce l'obiettivo primario del C.O.O.U.
Tra i diversi processi, quello che meglio sfrutta le capacità dell'olio di essere riutilizzato è la rigenerazione, processo definito dal D.lgs. 95/92 come la destinazione prioritaria dell'olio usato.
RIGENERAZIONE
La maggior parte dell'olio raccolto è venduto alle raffinerie che o procedono alla rigenerazione ovvero alla trasformazione dell'olio usato in un prodotto nuovamente utilizzabile. Il processo di rigenerazione, infatti, eliminando gli ossidi metallici e i residui carboniosi, ripristina basi lubrificanti. Gli oli usati divengono, con la rigenerazione, materia prima per la produzione di nuovi oli lubrificanti che presentano caratteristiche tecnologiche e chimico-fisiche identiche a quelle dei lubrificanti ottenuti con l'utilizzo di petrolio greggio.
In termini quantitativi, un impianto di rigenerazione moderno offre una resa di circa il 70 % di olio rigenerato e richiede un consumo di energia per la lavorazione inferiore a quello necessario alla produzione di oli derivanti da raffinazione primaria.
La rigenerazione degli oli usati avviene mediante due fasi:
frazionamento dei componenti;
raffinazione dei distillati lubrificanti.
Per la prima fase esistono più processi industriali, per la seconda si utilizza l'idrogenerazionione o il processo acido-terre. I processi di rigenerazione a tecnologia avanzata adottati in Italia sono così conurati.
Un primo processo è basato su di un impianto di predistillazione (preflash) che ha lo scopo di separare l'acqua dall'olio usato (recuperando così anche una parte di gasolio); l'olio così disidratato viene inviato ad una colonna di decantazione, previa miscelazione con propano liquido, per estrarre i composti molecolari pesanti contenuti nell'olio usato. Dalla testa della colonna fuoriesce una miscela di olio chiarificato e propano. I residui bituminosi di fondo, grazie alle loro caratteristiche viscoelastiche dovute ai polimeri in esso contenute, sono ceduti ad industrie che producono guaine bituminose.
Il propano viene separato, recuperato e riciclato mentre l'olio chiarificato passa a un trattamento con terre decoloranti. All'uscita dai reattori la miscela olio-terra viene passata nelle filtropresse dove l'olio si separa dalla terra decolorante. La terra esausta, che grazie al contenuto di olio ha ancora un discreto potere calorifico, viene inviata ai cementifici che la utilizzano come combustibile nei propri forni rotativi. L'olio uscito dalle filtropresse viene inviato all'impianto di distillazione sottovuoto (vacuum) dal quale si ricavano vari tagli con le viscosità e le caratteristiche specifiche delle destinazioni d'uso dei prodotti.
L'olio è così pronto per essere inserito nel ciclo produttivo dei lubrificanti finiti attraverso la miscelazione con opportuni additivi mirati all'uso specifico del lubrificante stesso.
Nel secondo processo, il trattamento con terre decoloranti viene sostituito con l'Hydrofinishing: le frazioni di olio lubrificante ottenute dalla distillazione vengono trattate con idrogeno ad alta temperatura e pressione, in presenza di un adeguato catalizzatore.
In entrambi i processi il recupero dei prodotti petroliferi è superiore al 70% e non si generano ulteriori rifiuti industriali che possano creare problemi ambientali o di smaltimento.
L'impegno tecnologico ha permesso di eliminare, o quanto meno ridurre al minimo, il disturbo ambientale che tali impianti possono generare.
Ultimamente la fase di estrazione al propano è stata sostituita dal processo di deasfaltazione termica che ha permesso di ottenere due risultati importanti:
la resa in base lubrificante è aumentata notevolmente;
è possibile ottenere tagli anche a più alta viscosità che prima rimanevano nel residuo bituminoso.
La deasfaltazione termica viene realizzata attraverso una colonna di distillazione molto sofisticata che prevede una migliore selezione degli oli usati in fase di raccolta, per consentire di alimentare l'impianto.
L'ultimo processo è quello che prevede la distillazione sottovuoto (vacuum) dell'olio usato mediante particolari colonne a film sottile dotate di accorgimenti tecnici tali da consentire la separazione della fase oleosa da tutte le altre impurità contenute nell'olio usato, seguite da un trattamento mediante terre decoloranti o hydrofinishing.
LA COMBUSTIONE
L'olio raccolto, che in conseguenza delle analisi condotte non sia classificato come olio rigenerabile, può avere, però, ancora un utilizzo importante: la produzione di energia.
Una parte dell'olio usato viene venduta in prevalenza a cementifici. E' infatti necessario che esso sia bruciato in modo adeguato al fine di neutralizzare, attraverso reazioni chimiche complesse, i prodotti inquinanti contenuti, liberando in atmosfera emissioni controllate.
Il potere calorifico è di circa 9.500 Kcal/Kg, paragonabile a quello di un olio combustibile.
LA TERMODISTRUZIONE
Nel caso in cui l'olio usato sia inquinato da PCB (policlorobifenile) e non possa essere sottoposto ai precedenti processi, deve essere distrutto a mezzo di impianti di termodistruzione.
Con la termodistruzione tutto l'olio non rigenerabile o utilizzabile come combustibile viene definitivamente eliminato al fine di ridurre l'effetto altamente nocivo che potrebbe avere nei confronti dell'ambiente.
L'EVOLUZIONE DELL'ATTIVITA' DI RACCOLTA
La raccolta degli oli usati da parte del Consorzio ha fatto registrare risultati costantemente crescenti. Nel primo anno di attività "a regime", il 1985, furono raccolte circa 82.000 tonnellate, pari al 41% del totale stimato recuperabile.
In diciotto anni di attività, il Consorzio ha più che raddoppiato il livello di raccolta raggiungendo complessivamente circa 2.691.000 tonnellate di oli raccolti, di cui circa 2.616.000 sono stati riutilizzati: 2.176.000 attraverso la rigenerazione e 440.000 attraverso la combustione.
L'olio raccolto, in base alle citate disposizioni normative (D. lgs. 95 del 1992 art. 3) può:
essere avviato alla rigenerazione che permette la produzione di basi lubrificanti;
essere destinato alla combustione, nel rispetto delle disposizioni di legge;
ove le alternative suddette non siano possibili, essere distrutto in maniera innocua.
Il grafico a seguire evidenzia l'evoluzione nella raccolta di oli da parte del Consorzio a partire dal primo anno di attività fino ad oggi. E' inoltre indicata la diversa destinazione dell'olio raccolto in relazione alle tre possibili alternative previste in precedenza.
Le aree di raccolta possono essere suddivise in nord, centro, e sud in modo da analizzare separatamente l'andamento della raccolta in ognuna di esse, ed operare, se necessario, differenti politiche di incentivazione alla raccolta.
I grafici che seguono riportano la raccolta mensile di olio nelle aree geografiche.
4. IMPIEGO DEGLI OLI USATI IN ATTIVITA' INDUSTRIALI
Il C.O.O.U., con la collaborazione dell'Istituto sull'Inquinamento del Cnr, ha esaminato varie lavorazioni industriali al fine di verificare se l'impiego dell'olio combustibile fosse compatibile con tali attività sia per quanto riguarda il processo produttivo che l'impatto ambientale, in funzione delle caratteristiche delle emissioni. A tale fine è stato tenuto conto dei seguenti requisiti:
la possibilità di ottenere emissioni con basse concentrazioni di specie inquinanti tali da soddisfare le normative di legge;
la necessità che il combustibile non lasci residui che, incorporati in uno specifico prodotto, possano alterare le caratteristiche di questo e provocare la cessione di prodotti tossici.
Si è ritenuto che un ulteriore criterio di giudizio fosse anche la temperatura di combustione ed il tempo di permanenza ad elevate temperature e, soprattutto, che negli impianti in cui venisse impiegato l'olio usato i prodotti di combustione fluissero sul materiale sottoposto al processo termico in modo che questo potesse fungere da mezzo adsorbente. Queste ulteriori considerazioni sono di particolare rilievo in quanto è necessario realizzare la distruzione di specifiche specie organiche ed in pari tempo fissare composti che potrebbero essere inquinanti per l'atmosfera.
A questo riguardo sono state prese in esame varie attività industriali in cui la combustione degli oli usati con combustibili convenzionali quali metano, carbone ed oli minerali consentisse ai prodotti i combustione di fluire attraverso il materiale fluente lungo un forno rotativo.
Vengono prese in esame produzioni industriali in cui è stato eseguito il controllo delle emissioni:
industrie del cemento
produzione di argilla espansa
essiccazione ed attivazione argille
conglomerati bituminoso.
PRODUZIONE DEL CLINKER
L'utilizzazione dell'olio usato nella produzione del clinker è stata oggetto di una vasta indagine condotta in Canada con la duplice finalità di verificare se le specie chimiche presenti negli oli usati potessero influenzare le caratteristiche del clinker e verificare la qualità delle emissioni. L'attività sperimentale e stata condotta per vari mesi impiegando un olio combustibile di composizione simile a quello riportato nella tabella precedente.
Lo studio ha messo in evidenza che l'utilizzazione dell'olio usato in un forno rotativo è particolarmente conveniente dal punto di vista ambientale in quanto i prodotti di combustione rimangono in presenza del materiale di cottura per la conversione in clinker per un ,ungo tempo ed i fumi vengono successivamente assorbiti nel preriscaldatore.
La combustione dell'olio usato in un forno rotativo non determina alcuna manifestazione inquinante e neanche alcun effetto negativo sulla qualità del clinker. Si è pervenuti a questa conclusione sia attraverso la misura delle emissioni che eseguendo un bilancio di massa su quegli elementi quali piombo, bromo, zinco e fosforo che potrebbero alterare le qualità tecnologiche del cemento.
L'89% del piombo totale, la maggior parte del quale proviene dall'olio usato, è trattenuto nel processo produttivo e di questo l'89%, un quantitativo compreso tra il 75 e l'85% è incorporato nel clinker; ciò dimostra che il piombo presente nell'olio è fissato dalle soluzioni solide che costituiscono il clinker.
E' stato altresì evidenziato che sia il fosforo che lo zinco vengono incorporati nel clinker: il primo è combinato come ortefosfato nella fase silicatica mentre lo zinco sostituisce il calcio nel trisilicato.
La maggior parte del bromuro è stato rilevato come bromuro di potassio nella polvere raccolta alla base del precipitatore elettrostatico.
La valutazione delle proprietà tecnologiche dei cementi prodotti utilizzando come combustibile olio usato, non ha mostrato differenze apprezzabili rispetto ai clinker ottenuti con altri combustibili ed il solo piombo è stato trovato presente in concentrazione significativa.
PRODUZIONE DI ARGILLA ESPANSA
Il processo di produzione dell'argilla espansa comporta una lavorazione a freddo in cui l'argilla è macinata, miscelata e laminata ed una lavorazione a caldo in cui il materiale è essiccato e sottoposto a cottura. Gli oli usati possono trovare impiego sia nella prima fase e cioè nella loro additivazione all'argilla per fornire materiale carbonioso, che in seguito a combustione determinerà lo sviluppo di specie gassose che contribuiranno al processo di espansione, che come combustibile nel bruciatore del forno.
L'impianto per la produzione dell'argilla espansa è dotato di due bruciatori che possono essere alimentati con combustibili tradizionali e con olio usato o con miscele di questi prodotti.
I fumi di combustione incontrano in controcorrente l'argilla che fluisce lungo il forno e che dopo aver raggiunto una temperatura di circa 1.300°C fuoriesce all'esterno.
Impianti del tipo indicato sono di eccezionale versatilità, per quanto riguarda l'utilizzazione degli oli usati, in quanto l'impiego di un combustore e postcombustore garantisce la totale combustine dell'olio e, nello stesso tempo, la permanenza dei fumi in presenza dell'argilla in fase di essiccazione e di cottura offre la possibilità di fissazione dei componenti inorganici presenti nell'olio. Infatti il piombo presente come ossido è inglobato nella matrice silicea come silicato di piombo e la sua concentrazione è dell'ordine di grandezza di qualche parte per milione.
ESSICCAZIONE ED ATTIVAZIONE ARGILLA
Un impianto di essiccazione ed attivazione argilla, come ad esempio bentonite, è costituito da una camera di combustione collegata ad un forno rotativo lungo una ventina di metri in cui perviene il materiale da essiccare.
L'alimentazione ad olio usato sostituisce o integra quella a combustione convenzionale come fonte di energia termica: vengono a verificarsi le stesse condizioni che si verificano nella produzione del cemento con un rendimento minore data la minore lunghezza del forno rotativo e la mancanza della torre di preriscaldamento.
Il bilancio di massa eseguito in funzione del piombo determinandone la sua concentrazione nel materiale particellare dà un rendimento di abbattimento di piombo pari a circa 80-90%.
PRODUZIONE DI CONGLOMERATO BITUMINOSO
Un impianto per la produzione di conglomerato bituminoso per la pavimentazione stradale è costituito da un forno rotante in cui avviene l'essiccazione del materiale inerte per mezzo di un bruciatore alimentato normalmente con olio fluido 3/5.
Il materiale inerte essiccato, tramite una tramoggia, viene immesso in mescolatori in cui affluisce bitume alla temperatura di circa 160°C. Il prodotto mescolato viene quindi caricato in silos per essere poi depositato su camion per il trasporto sul posto di lavoro.
I fumi in uscita dal forno vengono depurati dal materiale particellare per mezzo di filtri a maniche con flusso dall'esterno all'interno della manica e sottoposti periodicamente a scuotimento pneumatico.
La polvere raccolta dalle maniche viene inviata direttamente nel mescolatore in cui è utilizzata come filler.
La valutazione dell'impatto ambientale e del bilancio di massa viene eseguita determinando il contenuto in polvere del materiale particellare.
Il bilancio di massa è pari a circa il 90% e le emissioni rientrano ampiamente nei limiti fissati da norme sulle emissioni.
In conclusione, l'esame delle attività produttive mette in evidenza che allorché viene rispettato il requisito fondamentale, e cioè che i fumi prodotti dalla combustione di oli esausti attraversino un idoneo letto assorbente successivamente collegato ad un sistema di abbattimento quale la precipitazione elettrostatica o l'impiego di filtri a manica, l'olio usato può essere considerato un combustibile idoneo da impiegare in sostituzione di combustibili tradizionali.
GLI OBIETTIVI PRIORITARI
Nonostante gli ottimi risultati raggiunti dal Consorzio resta da affrontare quel 10 % circa di oli usati che si stima sfugga alla raccolta. Ciò dipende dalla presenza di alcuni settori critici per i quali risulta difficile operare una raccolta capillare. Si tratta:
del settore agricolo;
del settore nautico;
del "fai da te" privato e professionale.
Tali settori sono caratterizzati da un'elevata frammentazione (si tratta di milioni di piccoli utenti) che rende difficile la raccolta. Ed è proprio in questi settori che il Consorzio sta concentrando la propria attenzione.
Il settore agricolo è caratterizzato da più di 2,5 milioni di aziende agricole distribuite su tutto il territorio italiano ed in gran parte di piccola e piccolissima dimensione. Se ipotizziamo il consumo di soli 5 Kg all'anno pro-capite di olio lubrificante, si raggiunge una quantità di 10 milioni di Kg e, quindi, di 3-4 milioni di Kg di oli residui.
La raccolta "porta a porta" è onerosa e sconta, talora, la scarsa consapevolezza degli operatori agricoli circa i danni provocati da una scorretta destinazione di quantità anche minime di olio usato.
Tutto ciò rende obiettivamente il problema di difficile soluzione.
Accanto ad una sensibilizzazione degli operatori agricoli, al fine di incentivare l'attività dei raccoglitori presso le aziende agricole, è stato individuato, in accordo con l'associazione delle imprese di raccolta concessionarie (ANCOME), un nuovo parametro per gli incentivi: quello dell'efficienza del servizio alle imprese agricole.
Un'altra proposta elaborata dal C.O.O.U., in accordo con la Col diretti e con il COBAT (Consorzio Obbligatorio Batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi), prevede:
la realizzazione di stazioni ecologiche fisse o mobili per la raccolta ed il deposito temporaneo di rifiuti da parte degli agricoltori, nel rispetto di tutti gli standard di sicurezza e per offrire all'imprenditore agricolo una soluzione agevole del problema;
la semplificazione degli adempimenti burocratici a carico dell'impresa agricola, soprattutto quelli di contenuto amministrativo.
Nel campo della nautica il C.O.O.U., in collaborazione con il COBAT, le Capitanerie e le Autorità Portuali, si è fatto promotore del progetto "L'isola nel porto". L'obiettivo è quello di fornire agli utenti della nautica e della pesca strutture funzionali e vicine all'utente, per la raccolta di oli usati e batterie al piombo esauste, grazie all'installazione di isole ecologiche nei principali porti italiani.
I risultati positivi non sono mancati: nel solo porto di Ancona, nel 2001, sono stati raccolti 62.000 Kg di oli usati con un incremento del 90% rispetto al '99, anno in cui l'approdo marchigiano non era provvisto di isole ecologiche.
L'impegno del Consorzio nel settore della nautica ha previsto, inoltre, la partecipazione alla manifestazione "Bandiere Blu", promossa dalla FEE (Foundation for Environmental Education), che ha consentito di rafforzare i rapporti di collaborazione con le autorità locali e con le associazioni di categoria della pesca.
L'obiettivo è quello di dotare ogni porto, ove gli operatori marittimi e della pesca collaborino all'iniziativa, di strutture funzionali e vicine all'utente.
Il problema del "fai da te" è dovuto ai privati che provvedono autonomamente alla sostituzione del lubrificante nei propri veicoli. Si tratta essenzialmente di un problema di maggiore informazione: i cittadini devono comprendere la necessità di adottare comportamenti corretti nei confronti dell'ambiente.
Il Consorzio raccomanda di effettuare il cambio dell'olio utilizzando operatori professionali (impianti di distribuzione carburanti o autofficine) perché:
il contatto tra l'epidermide e il lubrificante è pericoloso per la salute;
la dispersione dell'olio usato è dannosa per l'ambiente.
Se si vuole procedere da soli si deve tener conto che il D. lgs. 95 del 1992 prevede all'art. 14 per chi disperda incautamente oli usati una multa tra 2.582 e 10.329 euro e la detenzione fino a due anni.
E' necessario, inoltre, rispettare alcune precise regole di comportamento quali:
indossare guanti impermeabili durante l'operazione;
raccogliere l'olio usato in un contenitore a chiusura ermetica;
non usare recipienti fragili come il vetro;
assicurarsi che non vengano mescolati all'olio sostanze di altra natura, compresa l'acqua, che possano compromettere la rigenerazione.
La raccolta degli oli usati vede coinvolta un'ampia gamma di soggetti: singoli cittadini o detentori professionali che, al fine di garantire la corretta destinazione dell'olio, lo consegnano all'azienda di raccolta più vicina; operatori professionali dell'auto (autoriparatori o addetti alle stazioni di servizio) che detengono quantità significative di olio; operatori delle aziende di raccolta che, con le loro autocisterne, raccolgono il prodotto dalle diverse tipologie di detentori.
Nel 2001 l'attività è stata realizzata da 67 aziende concessionarie dislocate sull'intero territorio nazionale che provvedono alla raccolta, al trasporto e al trasferimento degli oli usati dal luogo dov'è stato richiesto il loro intervento ai propri depositi. Solo in un secondo momento le aziende concessionarie provvedono a trasferire i quantitativi di olio esausto ai depositi del Consorzio.
L'attività è realizzata con diverse tipologie di automezzi che permettono di rispondere efficacemente a tutti gli interventi richiesti dai detentori.
Dopo aver raccolto e stoccato nei propri depositi quantità significative di olio usato, i concessionari lo trasportano ai depositi autorizzati affinchè venga analizzato per identificarne la corretta destinazione ed essi possano ricevere il compenso relativo all'olio raccolto. Con la fase dell'analisi l'olio viene stoccato nei depositi e diviene giuridicamente di proprietà del Consorzio.
I dati del bilancio ambientale della raccolta sono particolarmente complessi nella quantificazione a causa della numerosità dei concessionari, delle diverse metodologie di raccolta da essi adottate e della difficoltà di stimare consumi ed emissioni relative esclusivamente al processo di raccolta per conto del C.O.O.U., operando i raccoglitori anche per diversi altri soggetti. I dati relativi alla raccolta non risultano, inoltre, omogenei, data la vasta tipologia di automezzi utilizzati.
Le emissioni inquinanti ed i consumi risultano poi funzione del tipo di automezzo utilizzato, della lunghezza e dei percorsi coperti.
Per risolvere tale problematica ed ottenere dati significativi o, quantomeno indicativi, dei consumi e delle emissioni effettive della fase della raccolta, la metodologia scelta si è basata sulla considerazione dei dati medi di consumi ed emissioni riferite a varie tipologie di automezzi e di percorsi, secondo i coefficienti di emissione elaborati sulla base della metodologia COPERT II, sviluppata dall'Agenzia Europea per l'Ambiente nel 1997.
I dati medi così stimati, rappresentativi di valori puramente indicativi e di un range di valori estremamente estesi, sono stati poi confrontati a campione con i dati forniti dai raccoglitori stessi, attraverso l'elaborazione delle risposte fornite alle check-list appositamente realizzate.
Il grafico che segue sintetizza la struttura degli impatti ambientali ritenuti qualitativamente significativi nel processo della raccolta, in corrispondenza delle tipologie di automezzi utilizzati.
I dati quantitativi relativi alla raccolta degli oli usati sono stati elaborati sulla base di un'analisi dei consumi di gasolio da autotrazione e dei percorsi effettuati dai raccoglitori autorizzati. I dati medi stimati, confrontati poi a campione con quelli forniti dai raccoglitori che hanno risposto allo specifico questionario, hanno permesso di elaborare le risultanze riportate di seguito.
La ura che segue sintetizza, pertanto il risultato dei calcoli effettuati per la determinazione delle emissioni e dei consumi connessi con l'attività di raccolta degli oli usati, riportando la miglior stima possibile del valore puntuale.
In periferia il Consorzio si avvale, per la gestione dello stoccaggio degli oli usati, delle prestazioni dei depositi consortili con i quali ha stipulato appositi contratti di servizio. Per la consegna in deposito dell'olio che risulterà rigenerabile o riutilizzabile per la combustione, che è quindi idoneo alla vendita, il concessionario riceverà un equo rimborso. Per gli oli non utilizzabili, da inviare a termodistruzione, il concessionario dovrà invece contribuire ando il costo della sua eliminazione, salvo poi rivalersi sul detentore.
Gli oli usati vengono sottoposti ad analisi di laboratorio ai fini della loro classificazione. La classificazione serve infatti ad individuare il tipo di olio e di conseguenza la via migliore per il suo smaltimento.
A seguito delle analisi effettuate, in base al tipo d'olio individuato, esso sarà, come detto, inviato in un serbatoio di stoccaggio nel quale sarà conservato fino al momento della vendita. Con questo procedimento l'oio passa dalla proprietà del concessionario incaricato della raccolta a quella del Consorzio.
Il Consorzio dispone di sei depositi principali: tre al nord, due al centro e uno al sud nei quali viene stoccato l'olio raccolto.
La tabella relativa ai depositi di stoccaggio evidenzia consumi ed emissioni complessivamente contenute a ragione della semplicità del processo dello stoccaggio e del suo impatto ambientale molto limitato.
LA MATRICE INPUT/OUTPUT DELLO STOCCAGGIO
Il modello input-output, proprio per la sua essenzialità ed immediatezza, è stato utilizzato con lo scopo di agevolare la comprensione di tutto il processo di stoccaggio considerato in ogni sua componente.
Chiaramente gli input sono costituiti da tutti gli elementi necessari ai depositi di stoccaggio per porre in essere la loro attività, cioè i quantitativi di olio esausto che entrano, i consumi energetici ed idrici.
Al contrario gli output sono rappresentati dai prodotti ottenuti al termine della fase di stoccaggio e destinati ai possibili trattamenti, dalle emissioni in atmosfera, dagli scarichi idrici e dai rifiuti.
La legge italiana, attualmente in vigore, impone che l'olio usato venga destinato prioritariamente alla rigenerazione. L'olio ritenuto qualitativamente idoneo viene dai depositi consortili al processo di rigenerazione
Tale processo, infatti, eliminando gli ossidi metallici e residui carboniosi, ripristina basi lubrificanti di ottima qualità.
Gli oli usati divengono, con la rigenerazione, materia prima per la produzione di nuovi oli lubrificanti che presentano caratteristiche organolettiche esattamente identiche a quelle dei lubrificanti ottenuti con l'utilizzo di petrolio greggio. Per di più una base rigenerata non conterrà né molecole volatili né molecole troppo pesanti.
Sono poi le raffinerie stesse ad immettere le quantità di olio rigenerato direttamente sul mercato.
Nella quantificazione dei dati di impatto ambientale della rigenerazione ci si è riferiti ai dati complessivi delle raffinerie.
Nell'elaborazione della tabella degli indicatori ambientali ci si è riferiti, per le motivazioni evidenziate nell'apposita nota metodologica e principalmente a ragione dell'impossibilità di rilevare dati puntuali attraverso appositi questionari, alle emissioni ed agli scarichi di una raffineria scelta come campione rappresentativo. Detta raffineria campione è stata scelta in quanto le sue lavorazioni rappresentano per l'anno 2001 circa il 50% del totale degli oli usati lavorati.
LA MATRICE INPUT/OUTPUT DELLA RIGENERAZIONE
La matrice input/output è stata sviluppata partendo dai dati del C.O.O.U. per quanto attiene ai volumi di olio andato a rigenerazione, mentre i dati relativi a consumi, emissioni o rifiuti sono stati elaborati sulla base dei dati forniti dalle raffinerie.
Attraverso la rigenerazione è possibile ottenere dagli oli in entrata (input) una produzione in uscita (output) costituita prevalentemente da: basi lubrificanti (ca. 92.000 t. nel 2001), oli combustibili di buona qualità (ca. 28.000 t. nel 2001) e olio da gas (ca. 9.800 t. nel 2001). I dati forniti dalle raffinerie consorziate mostrano, inoltre, come dalla lavorazione risultino anche piccole quantità di asfalti e residui bituminosi utilizzabili per scopi industriali.
Ciò assume particolare rilievo per verificare numericamente come l'attività del Consorzio, oltre a contribuire in maniera rilevante a salvaguardare l'ambiente raccogliendo un rifiuto pericoloso come l'olio usato, consenta, altresì, di ottenere prodotti riutilizzabili dal mercato con impatti ambientali contenuti per l'ecosistema.
Gli indicatori ambientali forniscono in modo sintetico ed immediato un "trend" delle prestazioni conseguite dal C.O.O.U.
Questo sistema di indici descrittivi di dati fisici ha lo scopo prioritario di evidenziare le prestazioni ambientali del trattamento e riciclaggio dell'olio esausto rispetto a: consumi energetici, considerando essenzialmente quelli relativi all'energia elettrica; emissioni in atmosfera, relativamente ai gas prevalentemente sprigionati durante i processi; quantità di rifiuti, debitamente ripartiti tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
Questi indici di tipo strettamente numerico sono, quindi, solitamente costruiti rapportando una grandezza ambientale (quantità di emissioni inquinanti, tonnellate di rifiuti, ecc.) ed una grandezza economica (valore aggiunto o fatturato) relative all'attività complessivamente realizzata. Nel caso del C.O.O.U. si è ritenuto più consono alle peculiarità del Consorzio stesso rapportare i dati ambientali al valore del conferito annuo. Tale rapporto, così sviluppato, esprime pertanto il valore dei principali inquinanti per ogni fase di attività del Consorzio, rispetto all'obbiettivo fondamentale del C.O.O.U. che resta quello di evitare che un rifiuto pericoloso venga disperso nell'ambiente.
Le emissioni del "sistema Consorzio" rappresentano pertanto il "male minore" per la gestione del processo di raccolta, stoccaggio e rigenerazione.
Esse vengono considerate per la fase a maggiore rilevanza nell'attività del Consorzio, e cioè quella della rigenerazione, in cui viene effettivamente trattato l'olio usato al fine di consentirne il riutilizzo.
I valori ottenuti dal bilancio ambientale, dove sono già stati elaborati alcuni indicatori di tipo fisico, vengono qui confrontati con il principale e più semplice indicatore della performance del Consorzio: il totale conferito annuo.
I valori registrati costituiscono il dato di partenza per il C.O.O.U. e quindi non consentono di fornire indicazioni espressive di un trend per il "sistema Consorzio". In attesa di verificare l'evoluzione dei valori nei prossimi anni, si può sin d'ora affermare come, per il biennio considerato, le rilevazioni dei dati di impatto ambientale mostrino un andamento positivo, con un'unica eccezione (contenuta quanto a pericolosità per l'ecosistema) dei rifiuti non pericolosi.
7. AL PASSO CON L'EUROPA - L'EUROPA DEGLI OLI USATI
In sedici anni di operatività, il Consorzio è giunto a recuperare il 90% degli oli usati prodotti in Italia. Ed ha sentito l'esigenza, per poter ottimizzare la raccolta, di confrontarsi con i partners europei, facendosi promotore e realizzando un'indagine ativa sulla raccolta dei lubrificanti usati.
Nel confronto europeo la soluzione italiana si posiziona al quarto
posto, dopo la Sa, la Svizzera e la Norvegia. Risultato incoraggiante, se
si considerano le particolari difficoltà imposte dal parco dei veicoli
circolanti, dalla struttura frammentata del sistema produttivo, dalla notevole
diffusione del 'fai-da-te' che contraddistinguono la situazione
italiana.
Una prima considerazione da fare è che, se in prima analisi i dati possono
sembrare paragonabili tra loro, in realtà bisogna tenere conto delle diverse
condizioni che caratterizzano la raccolta in Paesi in cui i comportamenti
sociali sono profondamente diversi. Diverse sono infatti le abitudini alla
raccolta differenziata, le normative vigenti, il parco auto circolante, la
distribuzione logistica di garage e stazioni di servizio.
Il primo elemento di azione è costituito dallo scenario legislativo. Ogni Stato ha indirizzato la coscienza ambientale dei propri cittadini attraverso alcuni regolamenti che hanno trovato applicazione diversa in funzione sia della mentalità della popolazione che della diversa interpretazione della legge. Molti i punti in comune tra le legislazioni vigenti per gli oli usati nei vari Paesi. Esistono, infatti, direttive europee (la 75/439/CEE e la 87/101/CEE) specifiche per gli oli usati che ogni Stato membro ha già recepito.
Per quanto riguarda il sistema di sovvenzione alle organizzazioni di raccolta e smaltimento, si evidenziano diverse realtà.
In ogni Paese, comunque, viene ribadito il concetto che il riciclo degli oli usati ai fini della produzione di basi lubrificanti può non essere economicamente conveniente e, infatti, in molti Stati la combustione viene ancora ritenuta un valido metodo di eliminazione, purché vengano rispettati i limiti previsti per le emissioni nell'atmosfera e per l'eliminazione dei residui, influenzando direttamente tutta la catena dei costi della raccolta.
Altri elementi influenzano l'analisi della raccolta italiana: le
'aree critiche', quelle cioè in cui la raccolta risulta difficoltosa,
e il confronto con i diversi comportamenti sociali che caratterizzano le
popolazioni d'Oltralpe.
Le 'aree critiche' sono state individuate nell'agricoltura e nel
'fai-da-te'. L'alta presenza di aziende agricole è strettamente
correlata con i peggiori risultati di raccolta. L'area agricola, infatti, è
riconosciuta come 'area critica' in tutti i Paesi europei.
Analizzando lo stato della raccolta differenziata in Paesi come Sa, Svizzera e Norvegia, appare subito evidente, contrariamente a quanto accade in Italia, una forte 'propensione' alla corretta gestione del rifiuto. D'altro canto l'Italia, che non eccelle nella raccolta differenziata, riesce, grazie al sistema organizzativo del Consorzio, a conseguire risultati significativi nella raccolta degli oli usati, superando così anche quei Paesi in cui è più radicata una profonda coscienza ambientale.
Altro aspetto significativo, per valutare le difficoltà di raccolta all'interno di ogni Paese, è la distribuzione nel territorio dei detentori di oli usati. Tutti gli Stati europei si avvalgono di una rete di raccolta organizzata che opera attraverso itinerari prestabiliti. Si può quindi misurare la difficoltà di raccolta attraverso degli indici quali, ad esempio, la densità dei punti vendita. L'Italia ha una situazione di frammentazione tra le peggiori: 25.000 punti vendita contro meno di 4000 presenti negli Stati diretti concorrenti (Sa, Svizzera e Norvegia).
Infine, occorre porre l'attenzione sulle tipologie e sulle quantità
di oli immessi al consumo. Considerando anche l'olio contenuto nelle emulsioni
(il metodo di calcolo varia da Paese a Paese), l'olio industriale presenta un
potenziale di recuperabilità più elevato rispetto al prodotto proveniente
dall'autotrazione, che si consuma durante l'uso. Di conseguenza, i Paesi con
un'alta percentuale di oli industriali sul totale dell'immesso al consumo hanno
potenzialità di raccolta superiori agli Stati, come l'Italia, in cui il settore
autotrazione è predominante.
E' necessario fare una precisazione anche sulle metodologie di calcolo delle
quantità di oli usati industriali raccolti. Il metodo di calcolo usato nella
raccolta degli oli provenienti da industria, al contrario di quello usato nel
calcolo degli oli provenienti da autotrazione (nient'altro che una somma!),
prevede delle approssimazioni più o meno accurate delle quantità di oli
contenute nelle emulsioni. Purtroppo ogni Paese, attraverso le varie fonti
interpellate, ha fornito i propri dati senza però fornire una descrizione degli
algoritmi di calcolo usati. Per quanto riguarda i dati italiani, questi sono
basati su stime per difetto del contenuto medio di olio delle emulsioni
transitate attraverso l'organizzazione del Consorzio.
Dall'analisi svolta appare evidente la oggettiva difficoltà di gestione del rifiuto oleoso in Italia. Difficoltà che si esprime attraverso l'obbligo della compilazione di doppi documenti di trasporto, lungaggini autorizzative, complessa gestione dei codici CER. Tali ostacoli non sono presenti negli altri Stati dove, però, non è prevista alcuna priorità per il riutilizzo alla rigenerazione. L'Italia, comunque, non si colloca 'solo' al quarto posto a causa degli 'intoppi' burocratici. Esistono, infatti, diverse aree dove si stanno concentrando gli sforzi del COOU. Abbiamo già visto come l'Italia incontri, in campo agricolo, uno scenario di difficile gestione avendo un numero di aziende di un ordine di grandezza più alto rispetto agli altri Paesi. Diverso è il problema del 'fai-da-te'. Il vero problema italiano è costituito dal non aver raggiunto una cultura ambientale sufficientemente matura. Certamente un ulteriore aiuto dovrà arrivare dal legislatore che deve regolamentare l'attività di vendita nei supermercati attraverso, ad esempio, un obbligo di consegna dell'olio a fronte della concessione della licenza di vendita.
In conclusione, appare curioso che Paesi ad alta industrializzazione, come Germania, Regno Unito e Francia, abbiano risultati inferiori a quelli italiani, anche se di poco. La risposta è senz'altro il Consorzio, la sua organizzazione e i suoi obiettivi. La commistione pubblico-privato ha permesso infatti di operare con una gestione privata per il raggiungimento degli obiettivi, obiettivi definiti però in base ad interessi pubblici, socialmente rilevanti. Inoltre, l'esistenza di un'organizzazione unica consente di elaborare strumenti flessibili di incentivazione che 'mutano con il mercato', contratti di servizio con i migliori operatori del settore, iniziative di comunicazione che spaziano dalla presenza nei grandi avvenimenti, all'istituzione di tavoli permanenti di lavoro regionali fino alla sensibilizzazione dei giovani.
La consapevolezza ambientale acquisita dall'uomo nel corso degli anni ha rafforzato l'interesse dello stesso a fare un uso sostenibile delle risorse che il pianeta gli offre, andando alla ricerca di un compromesso tra uomo dominatore di una natura supposta tendente all'adattamento a qualsiasi mutamento ed evoluzione libera della natura che teme l'innesco di derive irreversibili indotte dall'uomo.
La ricerca di tale compromesso, unita alla necessità di sostenibilità della risorsa, è andata di pari passo alle politiche di governi e istituzioni che hanno elaborato strategie da attuare per preservare la salute del pianeta, inculcando nei cittadini la responsabilità sull'ambiente.
Questa nuova tendenza ambientale ha spinto l'uomo a sentirsi in dovere nei confronti di quella natura da anni dallo stesso depauperata.
Uno dei doveri assolti, più o meno bene a seconda delle nazioni, è la raccolta differenziata di tutti o quasi i rifiuti prodotti. In particolare noi abbiamo voluto puntare l'attenzione su uno dei rifiuti, soprattutto di origine industriale, quale "l'olio lubrificante usato", rifiuto che può provocare gravi danni all'ambiente se trattato in modo scorretto.
Come ampiamente espresso nei moduli precedenti, in Italia la raccolta di tale rifiuto è affidata al C.O.O.U.. Grazie all'operato del Consorzio si sono segnati, negli ultimi anni, progressivi aumenti di raccolta: nel 2001 la quantità complessiva di olio raccolto è stata di 192 mila tonnellate, pari oltre il 90 % del totale recuperabile.
Ma non ci si può accontentare: gli obiettivi tendono al 100 %.
Tuttavia finchè saranno utilizzati oli lubrificanti, il rischio d'inquinamento continuerà ad esistere. Quella percentuale di oli che ancora sfugge alla raccolta e che dipende in gran parte dal "fai da te", privato e professionale, deve essere recuperata.
Questi obiettivi, seppur ambiziosi, possono essere raggiunti attraverso il rafforzamento della responsabilità civile sull'ambiente, in sinergia con le politiche ambientali.
A. Liberti, Rivista Italiana Combustibili, XLI 275.1987;
Env. Canada: Report EPS 4WP75-l- "Experimental Burning of Waste Oil as a Fuel in Cement Manufacture" 1987;
Manuale per la Corretta Gestione degli Oli Lubrificanti Usati e delle Batterie al Piombo Esauste;
Rivista "l'Impresa Ambiente n°17";
Rivista "Risparmio Energetico n°24" (notiziario dell'ENEA);
www.coou.it.
INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1. Oli minerali - Effetti inquinanti . . . . . . . . . . . . . . .6
2. Consorzio Obbligatorio degli oli usati . . . . . . . . . .. . . 11
3. La raccolta e i trattamenti . . . . . . .. . . . . . . . . . 16
I processi di trattamento . . . . . . . . . . . . . . . 18
La rigenerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
La combustione . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22
La termodistruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . .23
L'evoluzione dell'attività di raccolta . . . . . . . . . . 23
4. Impiego degli oli usati in attività industriali . . . . . . . . 28
Produzione del clinker . . . . . .. . . . . . . . . . . . 30
Produzione di argilla espansa . . . . . . . . . . . . . . .32
Essiccazione ed attivazione argilla . . . . . . . . . . . . ..33
Produzione di conglomerati bituminosi . . . . . . . . .. . ..34
5. Gli obiettivi prioritari . . . . . . . . . . . . . . . . . .36
Il settore agricolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .36
La nautica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38
"Il fai da te" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
6. Il bilancio ambientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
Il bilancio ambientale della raccolta . . . . . . . . . . .41
Il bilancio ambientale dello stoccaggio . . . . . . . . . 45
La matrice input-output dello stoccaggio . . . . . . . . .47
Il bilancio ambientale della rigenerazione . . . . . . . . ..48
La matrice input-output della rigenerazione . . . . . . . 50
Indicatori ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . 52
7. Al passo con l'Europa - L'Europa degli oli usati . . . . . . ..55
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .61
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..63
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