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PRINCIPI FISICI NELLA CORSA AD OSTACOLI
CLASSIFICAZIONE E SELEZIONE DEI CONCETTI COINVOLTI
La corsa ad ostacoli è una disciplina dell'atletica leggera in cui, ancor più che nella corsa, entrano in gioco delle leggi fisiche. La presenza, infatti, di 10 barriere lungo il percorso è senza dubbio un elemento che condiziona l'atleta nella sua corsa inducendolo a variare la sua velocità, saltare in corrispondenza dell'ostacolo spostando il suo centro di massa e, come causa, produrre delle forze con il proprio corpo. Il passaggio dell'ostacolo è dunque una modificazione del passo di corsa la cui migliore tecnica è quella che permette all'atleta di mantenere un ritmo adattato alla corsa. La pratica delle specialità degli ostacoli presuppone una continua sollecitazione delle qualità fisiche dell'atleta che è chiamato ad interpretare (ed a ripetere per 10 volte consecutive in gara, sia essa di 110 o 400 m) un esercizio complesso e con impegni dinamici e ritmici di corsa esasperati.
A partire da queste considerazioni si può intuire la complessità meccanica di questo fenomeno. Ad esempio due atleti non corrono allo stesso modo in quanto essi sono diversi nella loro struttura, nelle proporzioni corporee, nella forza e nella flessibilità, nella personalità e, infine, nella personale interpretazione di alcune fasi della corsa. Inoltre il nostro corpo non è rigido e, per questo, tutto si complica ancora di più.
Tuttavia tutti i tipi di corsa, dallo sprint alle corse su distanze più lunghe, poggiano certamente su basi meccaniche che devono essere ben conosciute e analizzate per poter comprendere bene la dinamica della corsa stessa. In seguito, la corsa è alla base di moltissime attività sportive.
I rami della fisica concernenti questo tipo di fenomeno sono la cinematica e la dinamica, il primo quando si parla di velocità, accelerazioni, distanza e tempo, il secondo per le forze in gioco e per le tre leggi di Newton.
La corsa è generata da una combinazione di forze: interne (forza muscolare, resistenze interne, tendini, legamenti, ecc.) ed esterne (gravità, resistenza dell'aria, attrito sul suolo). Ma per conoscere tutto più nel dettaglio è meglio passare al paragrafo seguente.
DESCRIZIONE QUALITATIVA DEL FENOMENO REALE
PASSAGGIO DELL'OSTACOLO
La tecnica adottata dagli specialisti consiste nel superare l'ostacolo con l'elevazione della gamba d'attacco e con una flessione e rotazione laterale della gamba di stacco.
Per superare gli ostacoli bassi come nei 200 metri maschili o nei 100 femminili, questa azione è poco marcata, ma nei 110 metri maschili in cui gli ostacoli sono di 106 cm, perfino gli atleti più alti sono obbligati ad accentuarla. La tecnica dei 400 hs, in cui le barriere sono alte 91 cm, si pone nel mezzo dei due estremi, in considerazione del fatto che la velocità media del corridore è inferiore a causa di un percorso più lungo. Così, al confronto con i loro tempi sul piano, i campioni degli ostacoli impiegano all'incirca 2 secondi in più per superare 10 ostacoli, con una media di 0,2 secondi in più per ogni ostacolo.
Il miglior passaggio è quello in cui il centro di massa dell'atleta si solleva poco più rispetto alla corsa normale, il punto più alto si pone (in teoria) al di sopra dell'ostacolo e ad una distanza tra lo stacco e l'atterraggio pressappoco uguale. Tuttavia superando gli ostacoli l'atleta deve sollevare il centro di gravità più in alto e tenere una certa distanza di stacco, perché la sua velocità non gli permette uno stacco ravvicinato e gli occorrerebbe una maggiore distanza per l'elevazione della gamba. Con uno stacco più lontano, invece, dovrebbe elevarsi di più per evitare di cadere sull'ostacolo. Perciò il centro di massa, affinché la corsa sia efficace, deve raggiungere il suo punto più alto poco prima dell'ostacolo. Solo in questo modo il passaggio è realizzabile e nei casi citati sopra, oppure se il centro di massa non viene sufficientemente sollevato, l'atleta urterà l'ostacolo.
Necessariamente quindi un passaggio se pure eseguito nel migliore dei modi impiega più tempo di un passo normale. La distanza da percorrere è maggiore ed essa varia da un atleta all'altro e da un passaggio all'altro. Questi fattori dipendono da:
posizione al momento del passaggio. Una inclinazione appropriata del tronco ed un movimento delle braccia e delle gambe ben coordinati comportano un superamento molto efficace. Qui il centro di gravità è il più vicino possibile all'ostacolo in modo da favorire una rapida ripresa di contatto col suolo. Al contrario un cattivo superamento fa perdere tempo nel momento della sospensione.
altezza dell'atleta come rapporto all'altezza dell'ostacolo. A parità di ogni altra condizione, un ostacolista dalle gambe più lunghe sarà sempre favorito rispetto ad un altro dagli arti inferiori più corti il quale deve sollevare maggiormente il suo centro di massa, il che comporta più tempo e aumenta la distanza tra stacco e atterraggio. Non ci sarà svantaggio, al contrario, se il centro di gravita si mantiene quasi alla stessa quota per tutto il moto (grazie ad esempio a gambe enormemente lunghe). Per lo stesso ragionamento a parità di velocità il superamento di un ostacolo basso richiede meno tempo di quello per uno alto.
velocità di stacco. Teoricamente una maggiore velocità non influisce sulle distanze di stacco e di atterraggio. Infatti durante la fase di accelerazione in cui il corridore si trova ad una velocità prossima a quella massima, prendendo come riferimento per le distanze l'ostacolo, se la distanza di stacco diminuisce quella di atterraggio aumenta poiché l'atleta si trova sotto l'ostacolo che frena la corsa. Inversamente, in decelerazione (verso la fine della corsa), la distanza di stacco aumenta e quella di atterraggio decresce. Come conclusione, la distanza totale coperta rimane pressoché costante e tutto ciò sembra dimostrare che una maggiore velocità provoca un tempo di sospensione minore, cioè un passaggio più rapido.
azione della gamba di attacco. Più l'elevazione della gamba di attacco, cioè quella su cui si poggia per saltare, è rapida, più l'atleta può valicare velocemente l'ostacolo. La flessione rapida del ginocchio e della caviglia riduce il momento d'inerzia rapportato al centro di massa (supposto nel bacino) e da origine ad una maggiore velocità angolare. Questo movimento imprime una certa velocità al centro di massa dell'atleta. Gli ostacolisti di alta statura diminuiscono talvolta il loro vantaggio per l'azione più lenta della loro gamba di attacco, perché, essendo più lunga e più pesante e il c.m. più in alto, la velocità angolare è inferiore. Essi dovrebbero comunque essere avvantaggiati in questa specialità sebbene alcuni meno alti, come l'italiano Fabrizio Mori, abbiano dimostrato mediante movimenti più rapidi e più potenti, la loro eccezionale efficacia nel superamento degli ostacoli. Tuttavia, la combinazione migliore di un'azione rapida e alta della gamba di attacco con una inclinazione del tronco verso l'avanti imprime al c.m. una maggiore velocità.
ricerca del punto corretto di stacco. Un passaggio corretto richiede un punto di stacco in rapporto alla velocità dell'atleta e alle sue caratteristiche. Il punto di stacco deve essere raggiunto senza dover allungare il passo. Se è troppo vicino all'ostacolo è obbligato a saltarlo ed il vertice della parabola che descrive nella sospensione va a collocarsi dopo l'ostacolo. Se è troppo lontano deve saltare troppo in alto per evitare di caderci sopra. Ad ogni modo perde sempre tempo e la sua posizione errata gli fa rompere il ritmo naturale della corsa. Bisogna considerare che se l'atleta è in anticipo sull'ostacolo un leggero accorciamento del passo prima dello stacco può produrre una lieve rotazione dell'intero corpo, ossia migliora la spinta in avanti e l'inclinazione del busto.
Per un buon passaggio è necessario quindi che il punto più alto del c.m. sia il più vicino possibile, orizzontalmente, all'ostacolo e poco sollevato rispetto all'altezza nella corsa normale. Gli elementi che controllano questa posizione sono la velocità della gamba di attacco e l'economia del passaggio, nel senso più generale. Così il corridore resta in sospensione il minor tempo possibile.
Il superamento dell'ostacolo deve essere effettuato alla massima velocità orizzontale. Dunque, supponendo che le condizioni di cui sopra siano attuate, più grande è la distanza tra lo stacco e l'atterraggio, migliore è l'esecuzione. Bisogna però considerare sempre insieme l'efficacia della tecnica di passaggio, il tempo e la distanza.
Mentre gli atleti alti, come già spiegato, sono favoriti, quelli piuttosto bassi ma con una buona tecnica perdono meno tempo che non si pensi durante il valicamento, perché essi compensano l'inconveniente di un centro di gravità più basso con uno stacco più ravvicinato.
PASSAGGIO : ALTRI ASPETTI
L'azione delle gambe è un elemento essenziale per l'ottenimento di una buona tecnica:
La forte spinta, intesa come forza proveniente dalla flessione del ginocchio, deve essere diretta verso l'avanti.
Lo stacco deve essere seguito immediatamente da una grande apertura delle gambe.
La presa di contatto con il suolo deve avvenire senza urti e deve permettere la fluidità di corsa. Cioè l'ostacolista deve atterrare correndo.
GARA AD OSTACOLI : DESCRIZIONE COMPLEMENTARE AL PASSAGGIO
Finora si é analizzato il passaggio dell'ostacolo, sebbene la disciplina della corsa ad ostacoli è composta anche da altre fasi come quella iniziale di accelerazione e quella finale, in cui non c'è valicamento di ostacoli.
L'atleta tiene una posizione piuttosto rannicchiata al blocco di partenza.
Questo perché, nei circa 14 metri che lo separano dalla prima barriera, abbisogna di una pronunciata inclinazione in avanti. Ma una volta in corsa, oltre a dover esprimere una forza più ridotta di quella iniziale per via di un aumento di velocità, egli deve assumere una posizione più eretta per evitare di cadere in avanti. E' la componente verticale della forza di spinta iniziale impressa dalla gamba a contribuire all'innalzamento del centro di massa del corridore progressivamente fino alla posizione normale di corsa. Invece l'aumento della componente orizzontale della spinta compromette, in accelerazione, l'equilibrio dell'atleta.
Ma la variazione di velocità iniziale non dipende solo dall'entità della forza applicata, ma anche dal tempo durante il quale essa è applicata. E' per questo che alla partenza il corridore deve adottare la posizione che gli permetta la più grande spinta da ottenere nel tempo più lungo possibile, secondo il teorema dell'impulso:
All'inizio della corsa, quando le forze di resistenza dell'aria sono irrilevanti, la spinta della gamba è efficace cosicché produce rapidamente una accelerazione. Ma più la velocità cresce, più la resistenza all'avanzamento aumenta proporzionalmente e il rendimento della spinta diminuisce per cui la velocità cresce pochissimo. Inoltre a una velocità sempre maggiore corrisponde una forza di spinta sempre più ridotta siccome ad ogni falcata il contatto del piede è più breve ed è impossibile esercitare una forza massima perché il suo punto di applicazione si sposta troppo rapidamente. Di conseguenza l'impulso si affievolisce a poco a poco e l'accrescimento di velocità è sempre più debole.
La velocità della corsa dipende dalla lunghezza e dalla frequenza dei passi, mentre può variare il rapporto da una fase all'altra della corsa e da un atleta all'altro. Il velocista deve mantenere una cadenza elevata e deve rivolgere tutta la sua attenzione su un'oscillazione forzata della gamba, la più rapida possibile per consentire alla gamba una posizione di spinta immediata. La componente verticale della spinta ad ogni passo (salvo quello di stacco) deve essere sufficiente per opporsi alla forza di gravità senza eccedere, altrimenti l'atleta correrebbe "saltando" e questo sarebbe controproducente in termini di tempo. Non farebbe altro che diminuire il rendimento della corsa perché il lavoro prodotto incrementerebbe in conseguenza di una forza maggiore a parità di distanza percorsa:
dove rappresenta la somma delle forze compiute ad ogni passo del tragitto.
La componente orizzontale della spinta, che eccede nella fase di accelerazione, deve essere, al contrario di quella verticale, la più grande possibile.
Non è così, invece, nella gara dei 400 hs in cui la forza di spinta deve essere adeguatamente minore, in considerazione di una maggiore distanza da percorrere e, in termini pratici, di un maggior dosaggio di energie da parte dell'atleta. C'è poi da considerare che in questa specialità il corridore nel prendere una curva usa la superficie della pista per fornire la forza centripeta necessaria a tenerlo nella sua corsia. Con l'inclinazione del corpo verso l'interno del campo egli contrasta la forza centrifuga che lo porterebbe fuori. Tutto questo si ripercuote sull'equilibrio dell'atleta stesso che essenzialmente è portato a fare forza perlopiù sulla gamba interna ed è condizionato anche nella fase di passaggio dell'ostacolo.
NEUTRALIZZAZIONE DELLE REAZIONI
I movimenti delle gambe provocano delle torsioni anormali nella parte superiore del corpo. Comunque queste reazioni possono essere contenute e annullate senza compromettere l'equilibrio e la continuità dell'azione (specialmente dagli atleti più sciolti).
Allo stacco, la reazione alla spinta si esercita in parte sul suolo che reagisce spingendo l'atleta verso l'avanti e verso l'alto, e in parte sulla parte superiore del corpo per mezzo dell'inclinazione in avanti del busto e di una notevole azione delle braccia. Tuttavia il corpo può solo assorbire la reazione al movimento delle gambe che avviene durante la sospensione e in questo modo si verifica il principio di azione e reazione in cui i momenti angolari delle due forze, in rapporto all'asse di spostamento passante per il c.m. dell'atleta, sono uguali e opposti.
Al momento del valicamento dell'ostacolo la reazione è neutralizzata, specialmente per l'azione delle braccia che, molto allontanate dal corpo per accrescere il loro momento d'inerzia, assorbono la reazione. L'inclinazione in avanti del tronco, invece, contribuisce ad aumentare il suo momento d'inerzia in rapporto all'asse di spostamento per cui la velocità angolare e l'ampiezza del suo spostamento sono pressoché minimi.
Il principio di azione e reazione si verifica anche, ad esempio, quando un velocista abbandona i blocchi esercitando su di esse una forza uguale a quella che lo proietta in avanti.
ATTRITO SUL SUOLO
L'attrito è un elemento che va preso in considerazione affinché si possa descrivere la corsa nel suo aspetto reale, siccome, se non esistesse, gli atleti non potrebbero correre perché il loro tentativo li farebbe rimanere sul posto. In atletica, il termine "attrito" è spesso usato sia a proposito del movimento dei piedi sul suolo, in cui la resistenza varia con la natura del suolo stesso e con quella delle scarpe, sia a proposito della forza che si applica.
Sorprendentemente, la superficie di contatto (cioè le dimensioni della suola), non ha alcuna importanza. Una suola ridotta limita la superficie di contatto, ma rimanendo costanti tutti gli altri fattori la pressione sul suolo per unità di superficie è più grande. I due effetti si annullano e la forza di attrito (Fatt = P S) è la stessa.
RESISTENZA DELL'ARIA
Durante la corsa la resistenza dell'aria oltre ad imporre all'atleta un lavoro supplementare, quindi come già detto tende a ridurre la sua velocità, può anche influire sul suo equilibrio e comprometterlo.
Con un forte vento contrario, ad esempio, il tronco tende a raddrizzarsi. Il corridore deve quindi combattere questa tendenza spostando il suo centro di gravità in avanti, con un'inclinazione del tronco accentuata. Così, a mano a mano che la resistenza dell'aria (rappresentata dal vettore B-C) cresce, la forza di spinta del corridore (vettore D-C) affinché abbia una corsa efficace, considerando anche la forza di gravità (vettore A-C), deve inclinarsi verso l'orizzontale.
Inversamente, il tronco sarà più eretto con un forte vento alle spalle.
RISOLUZIONE ANALITICA
Nella fase di passaggio dell' ostacolo sono avvantaggiati, come detto precedentemente, gli atleti con baricentro più alto; si può formalizzare questa considerazione pensando il moto del centro di massa come parabolico e trascurando la resistenza dell'aria. Il tempo di passaggio dell'ostacolo varierà a seconda della distanza che il baricentro dovrà compiere in direzione verticale.
La posizione di un punto che si muove di moto parabolico è determinata da:
da cui si può ricavare la massima
altezza raggiunta dal punto (cioè il vertice della parabola):
Dato che un buon passaggio dell'
ostacolo vuol dire cercare di avere la massima velocità orizzontale si può
supporre che l'angolo rispetto all' orizzontale non superi mai i 20°; in questo
modo si può approssimare il seno dell'angolo all'angolo stesso:
dove ymax indica di quanto si
è spostato il centro di massa in direzione verticale e d'ora in poi verrà
indicato come Dy.
Il tempo impiegato nel superamento della barriera si può calcolare così:
Cioè:
Con semplici considerazioni di natura
matematica si nota come all' aumentare dell' elevazione che il centro di massa
deve effettuare, aumenta anche il tempo necessario per superare l'ostacolo.
Supponiamo di calcolare il tempo di superamento di un ostacolo da parte di 2 atleti di statura diversa con rispettive posizioni del centro di massa pari a :
H1 = 1.00 m
H2 = 1.10 m
L'altezza di un ostacolo nei 110 maschili è uguale a 1.06 m e supponiamo che il centro di massa dell'atleta, per passarlo senza urtarlo, debba raggiungere un'altezza pari a 1.40 m.Nei due casi quindi il baricentro dovrà elevarsi di:
Dy1=0.40 m
Dy2=0.30 m
Se chiamiamo t1 e t2 i tempi di passaggio dell' ostacolo, rispettivamente dell' atleta 1 e dell' atleta 2, dalla formula ricavata precedentemente avremo che :
t1=0.57 s ca. t2=0.49 s ca.
Ora, supponendo che i due atleti corrano alla stessa velocità, sul totale dei 10 ostacoli, l' atleta 1, più basso, accumulerà un ritardo di 0.8 s circa su un tempo medio totale di
corsa di 13 s circa nei 110 hs.
Come abbiamo già fatto notare in precedenza, questo ritardo in realtà viene colmato dal fatto che atleti più bassi riescano a passare l' ostacolo con un movimento più veloce e con uno stacco più vicino allo stesso.
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