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ELIO VITTORINI - La biografia

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ELIO VITTORINI - La biografia

Elio Vittorini nacque a Siracusa nel 1908. Fu preparato da studi tecnici che quando interruppe lo portò ad essere operaio in un cantiere edile.

Proprio nella rivista "Solaria" pubblicò i primissimi racconti, che raccolse interamente nel volume "Piccola Borghesia". Insieme con Cesare Pavese, Vittorini fu uno dei primi a scoprire il fascino della letteratura americana contemporanea dalla quale assorbì quella visione realistica che sempre contrappose politicamente al conformismo della cultura di quel tempo ed al provincialismo fascista.

Vittorini rappresentò la nuova ura dell'intellettuale impegnato cioè dello scrittore inteso a una comprensione critica del mondo e di rapporti fra gli uomini, uno scrittore che contribuisse apertamente al rinnovamento della società attraverso la presa di coscienza e la denuncia delle sue innumerevoli contraddizioni.

Dopo la Guerra e la Resistenza fondò, nel 1945, il "Politecnico", una rivista che rappresentò un tentativo originale di collaborazione fra un gruppo di intellettuali e un partito politico.

Il politecnico si faceva portavoce degli intellettuali usciti dalla Resistenza e si pose come obbiettivo la fondazione d'una cultura che contemperasse le istanze politiche con quelle umanistiche, la letteratura con l'economia ed il pensiero scientifico: una letteratura che fosse attiva nei confronti dell'uomo e della società, combattendo il disimpegno che aveva agevolato l'affermarsi della dittatura fascista.

Vittorini insieme a Calvino fondò nel 1959 il "Menabò", una rivista che voleva essere uno strumento aperto di discussione della nuova letteratura, in campo nazionale che internazionale. La tendenza era quella di contrapporre un serio impegno intellettuale alle forme di cultura di massa che rischiavano di fondersi e confondersi col conformismo e la mercificazione della cultura.



Il Menabò toccava diversi campi di indagine, dal poetico al narrativo sino al saggistico.

La poetica di Vittorini è di chiara ispirazione lirica. Tale lirica pervade interamente la narrativa di Vittorini, la quale dissolve radicalmente le strutture tradizionali del romanzo e non è, tuttavia, prosa lirico-evocativa, e anche quando parte da ricordi personali, li trasura in senso universale e oggettivo; tende al romanzo d'idee, ma evoca ure, ambienti, situazioni e individualismi, insieme surrealistici senza rinunciare mai alla rappresentazione della realtà.

Vittorini esprime la drammatica consapevolezza del mondo, della pene di tutti gli uomini, posti in un mondo alienato dall'ingiustizia, dal conformismo e da un'oppressione secolare che tendeva a stabilire fra loro un'assoluta incomunicabilità.

Vittorini vuole riscoprire l'uomo, la sua verità autentica, le radici del suo essere e del suo sentire, non attraverso lo studio psicologico di personaggi costruiti, ma attraverso situazioni simboliche rese con una prosa attenta ai valori ritmici, piuttosto che a quelli descrittivi. Di qui nasce l'atmosfera surreale dei suoi romanzi, che tendono a condensare in ure e atti fortemente simbolici l'ansia di una ricerca di verità e di un possesso totale, da parte dell'uomo, del proprio Io autentico, individuale ed, insieme, universale.

Al di là dei risultati nel campo specifico della narrativa, Vittorini, col suo inquieto impegno di rinnovamento dato dal Politecnico e dal Menabò, con le sue traduzioni degli scrittori americani, con la sua azione di organizzatore di cultura, fu certamente un importante protagonista della nostra storia letteraria compresa fra il '40 e la metà degli anni '60.





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