varie |
IL BILANCO PUBBLICO E LE POLITICHE DI BILANCIO
1.
Abbiamo definito
Y = produzione (PIL) = reddito (somma redditi)
=> i due termini si possono usare indifferentemente => indicano due aspetti delle stessa cosa
Z = domanda / spesa aggregata
=> i due termini si possono usare indifferentemente
Il principio di base
=> la domanda/spesa Z determina la produzione Y . Cioè
Z è la causa => Y è l’effetto
PERO’
=> una parte della domanda ( il Consumo privato C)
a sua volta dipende dal reddito Y
=> cosiddetta SPESA INDOTTA = indotta dalla presenza del reddito
1.2. La composizione della domanda/spesa Z
Z = C + I + G = consumo + investimento + spesa pubblica per beni e servizi
C + I = componente privata => acquisti dei privati ( consumatori / imprenditori)
G = componente pubblica
=> degli enti del settore pubblico (Stato, Enti locali ecc.)
=> per acquisto di beni e servizi diretto da parte degli enti pubblici - comprende anche la spesa per investimenti pubblici => acquisto di beni che incrementano la dotazione di capitale produttivo delle Pubbliche mministrazioni
=> non per trasferimenti Tr => tipo pensioni, sussidi, interessi sul debito pubblico => con i trasferimenti gli enti pubblici non acquistano direttamente nulla
I e G = componenti autonome => esogene => prese come date (per ora)
C = C(Yd) => componente che dipende dal reddito disponibile Yd in base a questa relazione
=> FUNZIONE DEL CONSUMO
=> ha una parte indotta => che, siccome dipende da Yd , dipende dalla produzione/reddito Y
Infatti la funzione del consumo espressa “ in forma lineare” (graficamente => una linea retta) è => vedi 3.1
C = Co + c Yd dove Yd = Y – T e cioè
Co = consumo autonomo => indipendente dal reddito disponibile
c < 1 = propensione marginale al consumo= PMC => frazione di ogni € addizionale di reddito disponibile che viene consumata
Yd = reddito disponibile = Y - T => reddito Y al netto delle “imposte nette “ T , dove
T = Ta – Tr => “imposte nette”
con
- Ta = imposte ate al governo dai privati
- Tr = trasferimenti ati dal governo ai privati ( p.es. pensioni –sussidi ecc.) => spesa pubblica per trasferimenti
Quindi il consumo privato è pari a C = Co + c ( Y – T)
= Co - c T + c Y
con
- componente autonoma = Co - c T (indipendente dal reddito/PIL Y )
- componente indotta = c Y (dipendente dal reddito/PIL Y)
Evidentemente mediante il prelievo delle imposte Ta ed il amento dei trasferimenti Tr il governo influenza il reddito disponibile Yd e quindi il consumo dei privati.
Per esempio, se
il consumo autonomo Co è € 50 milioni
-
il governo preleva dai privati imposte Ta per € 80 milioni e a trasferimenti Tr per € 20 milioni ai privati, cosicchè le “imposte nette” T sono pari a (Ta – Tr) = € (80-20) = € 60 milioni
=> in corrispondenza di un Pil di € 200 milioni la spesa per consumo C dei privati è pari a :
C = 50 – 0.8 (60) + 0.8 (200) = 50 – 48 + 160 = € 162 milioni
Se invece il governo prelevasse più imposte Ta , e cioè € 100 milioni invece che 80, e le imposte nette fossero così pari a € (100-20) = € 80 milioni invece che 60 , in corrispondenza dello stesso PIL di € 200 milioni il consumo C dei privati sarebbe minore, e cioè :
C = 50 – 0.8 (80) + 0.8(200) = 50 – 64 – 160 = € 146 milioni
N. B.
La notazione è leggermente diversa da quella del testo di BLANCHARD. Per semplicità poniamo
- consumo autonomo (indipendente dal reddito disponibile) = Co invece di
- propensione marginale al consumo PMC = c invece di
1.3. Domanda autonoma, domanda indotta e determinazione del livello della produzione Y – vedi . 3.2.
Sappiamo che la domanda/spesa totale è pari a Z = C+ I + G e cioè , sostituendo a C la funzione del consumo:
Z = Co + c (Y – T) + I + G
Risistemando si evidenziano le due componenti di Z, quella autonoma e quella indotta :
Z = (Co - c T + I + G ) autonoma + c Y indotta
Si può poi indicare sinteticamente la componente autonoma di Z come segue
A = Co - c T + I + G => domanda/spesa autonoma complessiva
e quindi
Z = A + c Y => domanda/spesa totale , autonoma e indotta
Siccome Z determina (causa) la produzione/reddito Y , in equilibrio i due devono risultare uguali e quindi deve essere
Y = Z e cioè Y = A + c Y da cui
Y = __1__ A
(1 – c )
ovvero per semplicità
Y = m A dove m = ___ 1____
(1 – c )
=> in equilibrio la produzione/reddito Y è uguale alla spesa autonoma moltiplicata per il MOLTIPLICATORE m = 1 / (1 – c ) = > “moltiplicatore della spesa autonoma” è infatti la sua denominazione completa
Per esempio, se la spesa autonoma A è € 100 milioni e la propensione marginale al consumo c è pari a 0.8, il moltiplicatore sarà 1 / (1 – 08) = 1 / 0.2 = 5 e la produzione Y sarà pari a € 100 x 5 = € 500 milioni.
Se invece la propensione marginale al consumo fosse c = 0.6 il moltiplicatore sarebbe pari a
1 / (1-0.6) = 1 / 0.4 = 2.5 e la produzione Y sarebbe € 100 x 2.5 = € 250 milioni.
1.4. Variazioni della domanda e variazioni della produzione – vedi . 3.3
La relazione di causa/effetto fra domanda e produzione e quella fra domanda autonoma e produzione/reddito di equilibrio valgono negli stessi termini anche per le variazioni della due grandezze. Così se definiamo
- = variazione della domanda/spesa autonoma A
- = variazione della produzione /reddito Y
abbiamo
Y = _ 1__ A = mA
(1 – c )
A può consistere in una variazione di :
- Co => consumo autonomo
- I => investimenti privati
- T => “imposte nette” => imposte Ta e/oppure spesa pubblica per trasferimenti Tr
- G => spesa pubblica per beni e servizi
Per esempio, se gli investimenti privati I aumentano di = € 10 milioni e
2. IL BILANCIO PUBBLICO E
2.1. Il bilancio pubblico
In generale il bilancio è il documento che descrive la situazione finanziaria ( passata o prevista) di un ente per un dato periodo (di solito un anno ) detto ESERCIZIO FINANZIARIO
=> in macroeconomia interessa il BILANCIO CONSOLIDATO che si ottiene aggregando i bilanci di tutti gli enti del settore pubblico o della P.A.
Il suo contenuto di base è illustrato dalla tabella seguente :
SCHEMA DI BILANCIO AGGREGATO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Voci di bilancio e segno |
Composizione |
% del PIL P A. italiana 2008 [1] |
ENTRATE |
Imposte Ta (e altre minori) |
46.6 |
SPESE ( - ) |
- per beni e servizi G - per trasferimenti Tr totali (di cui per interessi sul debito Trb) |
20.0 29.3 49.3 (5.1) |
SALDO DIFFERENZIALE |
complessivo Sb = Ta – (G + Tr) = T - G primario Sp = Ta – [G + (Tr – Trb)] = Sb + Trb |
- 2.7 + 2.4 |
=> il SALDO DI BILANCIO annuale Sb è dato dalla differenza fra entrate Ta e spesa pubblica (G + Tr), e quindi
Sb = Ta – (G + Tr)
=> però, siccome Ta –(G + Tr ) = (Ta – Tr) – G e (Ta – Tr) = imposte nette T ( vedi sopra) il saldo si può anche esprimere in modo equivalente come la differenza fra le imposte nette T e la spesa pubblica per beni e servizi G, e cioè
Sb = T – G
Le entrate, le spese sono dei “FLUSSI”che si riferiscono ad un dato periodo di tempo (un esercizio finanziario ). Il saldo (la loro differenza ) è anch’esso un flusso. Si possono avere i tre casi :
- Sb > 0 => T > G => entrate maggiori delle spese => AVANZO
- Sb = 0 => T = G => entrate uguali alle spese => PAREGGIO
- Sb < 0 => T < G => entrate minori delle spese => DISAVANZO o DEFICIT
pari a Sb = - (G – T )
Il DEBITO PUBBLICO invece è lo“STOCK” dato dall’insieme delle passività finanziarie delle P.A. (= titoli pubblici), che si riferisce ad un dato momento nel tempo , e risulta dall’ accumulo dei disavanzi del passato (al netto dei rimborsi di titoli)
=> per esempio, nel corso del 2008 il disavanzo complessivo (flusso) delle P. A. italiane è stato del 2.7% del PIL ( 43.0 miliardi di €) – mentre il debito pubblico (stock) accumulato alla fine del 2008 era pari al 105.7% del PIL ( 1.662,6 miliardi di € )
Per trattare
i problemi connessi al debito pubblico
(vedi
moduli di SCIENZA DELLE FINANZE
più avanti) si deve evidenziare l’onere per
pubblico. A questo fine si definisce
=> SPESA PRIMARIA = la spesa pubblica totale esclusa la spesa per interessi Trb
= G + (Tr – Trb)
=> SALDO PRIMARIO Sp = la differenza fra entrate Ta e spesa primaria, e cioè
S = Ta – [G + (Tr-Trb)]
= Ta – (G+Tr) + Trb
= Sp + Trb => il saldo complessivo più la spesa per interessi
=> per esempio, nel 2008 abbiamo visto che i conti delle P.A. italiane hanno chiuso con un disavanzo complessivo del 2.7% del PIL (compatibile con il limite del 3% posto dal trattato di Maastricht)
=> d’altra parte la loro spesa per interessi è stata del 5.1% del PIL (con un tasso d’interesse medio del 4.9% sui titoli pubblici) e quindi la spesa primaria è stata del 44.2% ed ha dato luogo ad un avanzo primario pari al 2.4% del PIL (37.9 miliardi di €)
=> se non fosse per la spesa per interessi sul debito pubblico, il bilancio delle P.A. italiane sarebbe non solo in pareggio, ma addirittura in avanzo di quasi 39 milioni di €.
2.2.
=> variazioni della spesa pubblica ( G e/oppure Tr) o delle imposte (Ta) effettuate volontariamente dal Governo allo scopo di influire sulla produzione e/oppure le altre variabili macroeconomiche.
- POLITICA FISCALE ESPANSIVA => scopo = > aumentare la produzione e l’occupazione
=> aumento di G (p. es. opere pubbliche) e /oppure di Tr (p. es. sostegno alle famiglie) – riduzione di Ta (p. es. detassazione delle tredicesime)
- POLITICA FISCALE RESTRITTIVA => scopo => ridurre la domanda (perché? vedi § 2.4) => riduzione di G e/oppure di Tr - aumento di Ta ( “stretta fiscale”)
GLI EFFETTI SULLA PRODUZIONE Y => vedi sopra § 1.4 e . 1 => ricordando che il moltiplicatore è m = 1/(1-c) abbiamo
-- VARIAZIONE DI G => effetto Y = m G
=> effetto diretto tramite l’acquisto diretto di beni e servizi
=> la spesa autonoma A varia di G
--- VARIAZIONE DI Tr => effetto Y = m cTr
oppure
-- - VARIAZIONE DI Ta => effetto Y = - m cTa
=> effetto indiretto tramite la variazione del reddito disponibile dei privati Yd e la conseguente variazione della loro spesa per consumo C in proporzione alla loro PMC= c
=> la spesa autonoma A varia di cTr / oppure - cTa => varia solo della parte c di Tr (o di Ta) consumata dai privati
=> essendo c < 1 , con una variazione dello stesso ammontare si ha un effetto minore che nel caso di una variazioneG di G
Per esempio se
Invece un uguale aumento Tr di € 10 milioni della spesa pubblica per trasferimenti dà luogo ad un pari aumento del reddito disponibile dei privati, del quale solo la parte consumata cTr costituisce un aumento della domanda autonoma A. Il conseguente aumento del PIL è quindi minore, e cioè pari a
Y = 5 x ( 0.8 x 10 ) = 5 x 8 = € 40 milioni.
Lo stesso effetto, però in diminuzione per € 40 milioni, si avrà con un aumento Ta di € 10 milioni delle imposte Ta.
. 1 – Effetti delle variazioni delle imposte e delle spese pubbliche sulla produzione
Come nelle . 3.2 e 3.3 del testo di Blanchard la linea (Z=Y) inclinata a 45° è il luogo dei punti di equilibrio nei quali la produzione Y (misurata in orizzontale => asse delle ascisse ) è uguale alla domanda aggregata Z (misurata in verticale => asse dellle ordinate ).
La linea a tratto più pesante ZZ° , che ha inclinazione pari alla PMC = c, rappresenta la domanda aggregata in assenza di variazioni delle imposte Ta o delle spese pubbliche G (per beni/servizi) e Tr (trasferimenti) . In assenza di tali variazioni la domanda autonoma è pari a A° = (Co + cTr – cTa + I + G ) – misurata sull’asse delle ordinate.
Le variazioni delle imposte o delle spese pubbliche sono tutte dello stesso ammontare (p. es. € 10 milioni) e sono indicate da
- G’ = G = spesa per beni e servizi => fa variare A di G’ = G - e sposta la domanda aggregata alla posizione a Z (G’)
- Tr’ = Tr = spesa per trasferimenti => fa variare A di cTr’ = cTr - e sposta la domanda aggregata alla posizione Z(Tr’)
- Ta’ = = imposte => fa variare A di - cTa’ = - cTa - e sposta la domanda aggregata alla posizione Z(Ta’)
Misurato sull’asse delle ascisse si vede il livello della produzione Y che si ha in conseguenza di tali variazioni. E cioè
- Y(G’) in seguito alla variazione G’ (spesa per beni e servizi)
- Y(Tr’) in seguito alla variazione Tr’ ( spesa per trasferimenti)
- Y(Ta’) in seguito alla variazione Ta’ (imposte)
Si noterà che la differenza [Y(G’)-Y] è maggiore delle differenze [Y(Tr’) –Y] e [Y– Y(Ta’)] e cioè l’effetto della variazione di G è maggiore di quello della variazione di Tr o di Ta, come si spiega nel testo.
2.3 Il cosiddetto “TEOREMA DEL BILANCIO IN PAREGGIO” => vedi BLANCHARD, cap. 3 - “Domande di approfondimento” , p. 79, n. 4
Facendo variare le entrate e/ oppure le spese si fa variare il saldo di bilancio Sb – a meno che non si effettui una MANOVRA IN PAREGGIO => variazione delle entrate e delle spese nella stessa misura cosicché il saldo di bilancio Sb rimane invariato.
=> si può avere così un effetto sulla produzione? La risposta è: in teoria sì – però…
SPIEGAZIONE => vedi la . 2
=> si effettua un aumento della spesa pubblica e delle imposte Ta nella stessa misura - p.es .
€ 10 milioni come nell’esempio precedente
=> se insieme alle imposte Ta viene aumentata la spesa pubblica per trasferimenti Tr ,
l’effetto dell’aumento di Ta è pari a Y = - mc € 10mil. e quello dell’ aumento di Tr è pari a Y = + mc € 10mil. - e cioè uguale e di segno opposto => l’effetto della manovra è nullo (*)
=> se invece si aumenta la spesa pubblica per beni e servizi G , l’effetto del suo aumento è pari a Y = + m € 10mil. - mentre quello dell’aumento di Ta rimane = - mc € 10mil.
=> l’ effetto complessivo è quindi pari a
Y = m € 10mil. – mc € 10mil.
= ( 1 – c) m € 10mil. e siccome m = 1/(1 – c)
= (1 – c)/ (1-c) € 10mil.
= € 10mil.
=> l’effetto della manovra è positivo e pari all’importo delle due variazioni di bilancio G e che si pareggiano
=> il PIL aumenta soltanto dell’aumento iniziale G della spesa autonoma – le variazioni indotte della spesa per consumi C dovute all’operare del moltiplicatore m ( in base alla PMC c) provocate dalle variazioni G e si cancellano a vicenda
=> il risultante aumento del PIL di € 10 milioni è quindi minore di quello dell’aumento in disavanzo (= che modifica il saldo di bilancio Sb ) => aumento della sola spesa pubblica di cui all’esempio precedente, in cui il moltiplicatore m può operare => € 50 milioni con e € 40 milioni con
=> anche se ha un effetto sulla produzione Y , la manovra in pareggio è meno efficace di quella in disavanzo.
. 2 - Il teorema del bilancio in pareggio
La linea a tratto più pesante ZZ° rappresenta la domanda aggregata in assenza di variazioni delle imposte e delle spese pubbliche. In tale situazione la domanda autonoma è A°. In caso di manovra di bilancio in pareggio le imposte e spese variano dello stesso ammontare. Supponiamo che le variazioni siano in aumento. Impiegando la notazione della .1 si ha
Ta’ = Tr’ = G’
La domanda autonoma si riduce di - cTa a causa dell’ aumento delle imposte, il che porterebbe in basso la linea della domanda aggregata alla posizione Z(Ta’). Però
- se insieme alle imposte aumenta di Tr’= Ta’ la spesa per trasferimenti , la domanda autonoma ritorna al suo livello iniziale A° => la linea della domanda aggregata non si sposta dalla posizione ZZ° => la produzione rimane al livello iniziale Y° => l’effetto della manovra fiscale è nullo (*).
- se invece aumenta di G’ = Ta’ la spesa per beni e servizi, l’effetto positivo sulla domanda autonoma è di +G’, che è maggiore di - cTa’, l’ effetto negativo dell’aumento delle imposte. La linea della domanda aggregata si sposta quindi verso l’alto dalla posizione ZZ° alla posizione Z(G’=Ta’) => la produzione aumenta da Y° a Y(G’=Ta’) => l’effetto della manovra in pareggio è positivo.
Tale effetto è però minore di quello che si avrebbe avuto facendo aumentare la spesa per beni/servizi G in disavanzo , e cioè senza aumentare anche le imposte Ta.
Quale sarebbe stato questo effetto si può determinarlo sulla ura per esercizio
(*) NOTA BENE
Se le imposte Ta aumentano insieme alla spesa per trasferimenti Tr e in pari misura , l’effetto netto sulla produzione è nullo soltanto in prima approssimazione
=> occorre infatti che valga l’ipotesi semplificatrice secondo la
quale
=> se invece
=> così se si suppone che le persone più povere abbiano una propensione marginale al consumo (PMC) maggiore di quelle ricche, si può sostenere che aumentando le imposte sui più ricchi e destinando il gettito a trasferimenti in favore dei più poveri si ha un effetto espansivo sulla produzione dell’economia.
=> vedi Blanchard, cap. 3 - “Domande di approfondimento” , p. 79, n. 7.
2.4. Perché una POLITICA FISCALE RESTRITTIVA ? Cenni sulla possibilità di INFLAZIONE
2.4.1 L’ inflazione : una questione di medio periodo
Se si pensa che una politica fiscale restrittiva è destinata a provocare una riduzione della produzione e dell’occupazione la sua adozione appare insensata
=> in realtà vi sono motivi che giustificano una manovra del genere. Il più ovvio è il CONTRASTO ALL’INFLAZIONE
=> però se ne può dare una spiegazione appropriata soltanto considerando il funzionamento dell’economia nel medio periodo – e quindi non in questa sede. Infatti
=> nel breve periodo si prende il livello dei prezzi P come dato => P può cambiare solo in un arco di tempo più lungo del “breve periodo”- quindi non si può trattare propriamente delle variazioni nel tempo del livello dei prezzi , e cioè inflazione e deflazione.
Si possono però fornire alcune indicazioni preliminari
2.4.2 Inflazione e politica di bilancio : qualche indicazione preliminare
In macroeconomia definiamo come OFFERTA AGGREGATA => il livello di PIL che l’economia è in grado di produrre a prezzi costanti (= PIL reale Y) con la sua struttura produttiva ( => dotazione di fattori produttivi) , che nel breve periodo è data.
=> se all’aumentare della domanda Z la produzione a prezzi costanti ( => PIL reale Y) non può aumentare “elasticamente”insieme alla domanda al di là di un dato livello, si ha una situazione di RIGIDITA’ DELL’ OFFERTA => la produzione trova un limite superiore Y max. posto dalle caratteristiche struttura produttiva
=> la rigidità dell’offerta non può essere rimossa nel breve periodo, dato che nel breve periodo la struttura produttiva è data.
Supponiamo che nell’economia con la data struttura produttiva la produzione a prezzi costanti Y (= PIL reale – vedi cap. 2, § 1.3 ) non possa andare al di là di un limite massimo Ymax
=> supponiamo inoltre per semplicità che il livello dei prezzi corrente sia quello dell’anno-base, e cioè P = 1 => vedi cap. 2, § 2.2
=> quindi il Pil nominale (definito come €Y = PY) è uguale al Pil reale Y, e cioè abbiamo
€Y = Y => vedi cap. 2, p. 48
=> ora supponiamo che nel “breve periodo “ corrente vi sia un aumento della domanda autonoma
A che, applicando il moltiplicatore, porta la domanda totale ad un livello Z* maggiore del livello di massima produzione a prezzi costanti Ymax. E cioè si ha : Z* > Ymax
=> in equilibrio , rimanendo costante il livello dei prezzi P=1, il PIL reale Y dovrebbe prendere
il valore Y* = Z* > Ymax - il che sappiamo che non è possibile
=> occorre un ulteriore aggiustamento che richiede un lasso di tempo che va al di là del “breve periodo” => vedi Note al modulo 2 , § 2. E cioè:
=> il livello dei prezzi aumenta da P = 1 a P* > 1 - mentre il livello della produzione reale Y si ferma a Ymax
=> l’aumento del livello dei prezzi è tale da portare il PIL nominale ad un valore €Ymax uguale a quello della domanda Z* (> Ymax) . Cioè si ha:
Z* = €Ymax = P*Ymax con P*>1
=> per adeguarsi alla domanda Z*, non potendo aumentare in termini reali Y , la produzione subisce soltanto un aumento del valore nominale dovuto all’aumento del livello dei prezzi P => cosiddetta INFLAZIONE DA DOMANDA
=> nel periodo dell’ aggiustamento il tasso d’inflazione (P* - P)/P ( vedi cap. 2, § 2.2), essendo P=1, è pari a P* - 1.
Per esempio, inizialmente nella nostra
economia il livello dei prezzi è P = 1, la domanda autonoma A è pari a € 100 milioni, e
=> il PIL nominale € Y= PY sale comunque a € 600 milioni = P*Ymax = P*( € 550 milioni), mentre il PIL reale rimane a Ymax = € 550 milioni
=> il livello dei prezzi aumenta a P* = €Y /Y = 600/550= 1.09 ed il suo tasso di aumento = tasso d’inflazione è (P*- 1) / 1 = (1.09 -l) = 0.09 e cioè il 9%.
Vedi la . 3.
. 3 - L’ inflazione nel breve periodo
La domanda aggregata iniziale è rappresentata dalla retta ZZ° con domanda autonoma A° . Il livello dei prezzi iniziale è P° = 1.
Un aumento della domanda autonoma da A° a A” sposta la linea della domanda aggregata in alto alla posizione ZZ”. La massima produzione producibile a prezzi costanti (P° = 1) è Ymax . In queste condizioni l’uguaglianza di equilibrio Y=Z fra produzione e domanda non si può ottenere a prezzi costanti .
Quindi la produzione aumenta in termini reali (a prezzi costanti ) fino a Ymax. Da Ymax in poi l’aumento è soltanto in termini nominali => cioè avviene in virtù di un aumento del livello dei prezzi da
P° =
I CASI DI RIGIDITA’ DELL’ OFFERTA
Il
caso più ovvio è quello del pieno
utilizzo della struttura produttiva
, che nel breve periodo è data e non può variare - in particolare
Più in generale, anche in assenza di piena occupazione generalizzata si possono avere casi di
STROZZATURE o BOTTLENECKS ( “colli di bottiglia ) => c’è pieno impiego soltanto in uno o più settori strategici che forniscono prodotti intermedi ad altri settori => questi settori risultano troppo piccoli o poco sviluppati per soddisfare la domanda da parte degli altri settori – ma nel breve periodo non possono ampliarsi/svilupparsi ( => p. es. servizi alla produzione, infrastrutture, lavoro specializzato ecc.)
=> ciò blocca la produzione e l’ occupazione ad un livello Ymax in tutto il resto dell’economia.
=> in questi casi DISOCCUPAZIONE e INFLAZIONE possono coesistere.
Allora,
=> ridurre la domanda non per ridurre la produzione Y, ma per
=> impedire che la domanda stessa raggiunga un livello Z* > Ymax incompatibile con la stabilità del livello dei prezzi
Vedi la .4
. 4 – Obbiettivo di una politica di bilancio restrittiva anti-inflazione
La ura ripete quella precedente. In assenza di interventi la domanda aggregata sarebbe quella rappresentata dalla retta ZZ” e si avrebbe l’aumento del livello dei prezzi da P°=1 a P”>1.
Per evitare il rialzo dei prezzi, il governo aumenta le imposte di un ammontare Ta’ , in modo da ridurre di - cTa’ la domanda autonoma ed abbassare la domanda aggregata facendole prendere a posizione rappresentata dalla retta ZZ*.
Allora la produzione potrà espandersi fino a raggiungere in equilibrio il livello Ymax , che è raggiungibile a prezzi costanti (P°=1) ed è uguale al livello della domanda aggregata Z*.
DIFFICOLTA’ =>
=> per varie ragioni, alla riduzione della domanda i prezzi possono non diminuire o diminuire in proporzione minore. => dipende dal processo di formazione dei prezzi e dal funzionamento dei mercati.
2.5 Il governo è davvero onnipotente ? - vedi BLACHARD, cap. 3, § 5.
Impiegando la politica fiscale, il governo può davvero scegliere il livello di produzione che preferisce ? Sì in un libro di testo, ma nella realtà ovviamente NO risponde giustamente Blanchard. Infatti qui non sono considerati molti aspetti della realtà. Per esempio
- i mercati finanziari possono influenzare la spesa per investimento dei privati
- l’economia non è “chiusa”=> in un’ economia aperta le variazioni della domanda provocate dalle variazioni delle imposte e/oppure della spesa possono avere effetto non sulla produzione interna (PIL) ma su quella estera => sotto forma di variazioni delle importazioni IM
- contano non solo i fatti, ma anche le aspettative circa il futuro => è difficile valutarle
- può mancare
=> ma se la variazioni di G, Tr o Ta devono contrastare una variazione della domanda Z che ha un effetto indesiderato sul PIL Y non si può aspettare troppo a lungo per metterle in atto
=> se no c’è il rischio di intervenire quando la situazione è cambiata e magari occorre una manovra di segno contrario
=> questo rischio è molto elevato in Italia, dove vi sono spesso tempi lunghissimi sia per tradurre in norme operative gli annunci del governo ( p. es. discussione sulla legge – iter parlamentare della legge – emanazione dei regolamenti attuativi) – sia per arrivare all’esecuzione di queste norme ( p. es. in caso di opere pubbliche => indire la gara – effettuare la gara - giudicare sui ricorsi – ottenere le autorizzazioni ecc.)
E inoltre:
- una POLITICA FISCALE RESTRITTIVA per impedire l’inflazione
=> può essere INEFFICACE a causa della RIGIDITA’ DEI PREZZI VERSO IL BASSO => quando la domanda si riduce, i prezzi tendono a non diminuire o a diminuire meno che proporzionalmente rispetto alla domanda (=> vedi § precedente
- una POLITICA FISCALE ESPANSIVA per aumentare la produzione e l’occupazione
a) può essere INEFFICACE in presenza di RIGIDITA’ DELL’OFFERTA => come si è visto sopra, aumentando la domanda Z aumenta il livello dei prezzi P e non la produzione reale Y => tali rigidità si possono superare solo nel medio/lungo periodo con politiche appropriate
b) può essere IMPRATICABILE .
Infatti
- se è condotta in pareggio, è relativamente poco efficace (come si è già visto) – e presenta la difficoltà politica dell’aumento delle imposte Ta
- se è condotta in disavanzo, ciò fa aumentare lo stock di DEBITO PUBBLICO in essere, provocando => aumento della spesa per interessi - rischio di insostenibilità del debito pubblico e di crisi finanziaria
=> vedi il modulo 3 di SCIENZA DELLE FINANZE più avanti
NOTA BENE
=> questa è la posizione caratteristica dell’ economia italiana dagli anni ’80 del secolo scorso e presumibilmente per molti anni ancora => ecco perché si sente sempre dire che “mancano i fondi” per qualunque tipo di spesa pubblica
=> questa è anche la motivazione dei limiti al deficit ( 3% del PIL) e al debito pubblico (60% del PIL) posti dal TRATTATO DI MAASTRICHT agli Stati membri dell’Unione Monetaria Europea - non a caso in connessione con l’ingresso dell’Italia.
Comunque, pur in presenza di queste ed altre difficoltà, dai tempi della prima diffusione delle teorie di Keynes – dopo la seconda guerra mondiale - i governi dei Paesi ad economia di mercato si sono impegnati tutto sommato con un certo successo in politiche di bilancio intese a ridurre le fluttuazioni del PIL reale, dell’occupazione e del livello dei prezzi generate dallo spontaneo funzionamento dei sistemi economici
=> POLITICHE DI STABILIZZAZIONE
dette anche
- POLITICHE ANTICONGIUNTURALI => CONGIUNTURA = fase di espansione o di recessione del PIL reale nel breve periodo – vedi cap. 2, § 1.4
oppure
- POLITICHE ANTICICLICHE => CICLO ECONOMICO = susseguirsi di fasi di espansione e di recessione.
2.6 Se le imposte dipendono dal PIL - Gli STABILIZZATORI AUTOMATICI => vedi BLANCHARD , cap. 3 –“Domande di approfondimento”, p. 79 , n. 5.
Esprimendole con Ta si suppone che le imposte siano “in somma fissa” => che il loro gettito non dipenda dal livello della produzione/reddito Y
Nella realtà
=> la maggior parte delle imposte dipende dalla produzione (p. es. IVA e IRAP sul valore aggiunto) o dal reddito (p.es. IRPEF su quello degli individui – IRES su quello delle società)
=> spesso i trasferimenti pubblici Tr dipendono inversamente dalla produzione Y => p. es. “ammortizzatori sociali” – sussidi di disoccupazione ecc. => aumentano quando il livello della produzione /reddito Y (e dell’occupazione connessa) è più basso
Quindi è realistico supporre
=> le imposte nette T = (Ta – Tr) come funzione crescente del PIL => Ta aumenta con il PIL e Tr diminuisce con il PIL. Cioè
T = t Y dove t = aliquota (un tot %)
Sostituendo tY a T in tutto quanto precede vediamo che:
=> le imposte nette diventano anch’esse una componente indotta della domanda Z - come la parte cY del consumo privato C . E cioè influenzano la domanda Z influenzando la componente indotta del consumo in quanto la loro aliquota t riduce della frazione t la propensione marginale al consumo c e quindi il moltiplicatore .
Vedi la . 5
. 5 - La funzione del consumo con le imposte nette come funzione del reddito (T=tY)
Nella ura il consumo C è rappresentato come funzione del reddito aggregato Y.
La retta a tratto più pesante C° rappresenta il consumo in assenza d’imposte. La retta parte sull’asse delle ordinate dal livello del consumo autonomo Co ed ha un’inclinazione pari a c = il valore della propensione marginale al consumo (PMC )..
La retta a tratto più sottile C(T) rappresenta il consumo in presenza di imposte nette in somma fissa di ammontare T . Le imposte riducono dell’ammontare - cT sia il consumo autonomo Co che quello indotto cY, e quindi la retta C(T) è parallela alla retta C° ed ha la stessa pendenza c.
La retta a tratto intermedio C(tY) rappresenta invece il consumo quando le imposte nette sono una funzione T=tY del reddito Y. Si nota che:
- se non c’è reddito non si ano imposte nette, e perciò l’origine della retta C(tY) coincide con Co, il livello del consumo autonomo in assenza d’imposte;
- le imposte nette riducono il reddito , quindi la possibilità di consumare, in proporzione al reddito Y. Quindi l’esistenza delle imposte riduce il valore della PMC da c a c(1-t) , e perciò la pendenza della retta C(tY) è minore di quella delle altre due.
ALLORA:
- il reddito disponibile Yd diventa Yd = Y - tY = (1- t)Y
- la funzione del consumo diventa C = Co + c ((1- t)Y
- la propensione marginale al consumo viene ridotta da c a c(1 -t)
- la domanda totale Z = C + I + G diventa
Z = Co + I + G (autonoma = A ) + c(1 – t)Y (indotta
= A + c(1- t) Y
=> in equilibrio si ha
Y = A + c(1-t) Y
e quindi
Y = ___1____ A = m’ A
1 - c (1 - t )
=> il moltiplicatore diventa minore e cioè
m’ = ____1__ < m = __ 1__
1 - c (1 - t) 1 – c
Graficamente la retta ZZ che rappresenta la domanda Z
- prende un’ inclinazione minore perché c (1-c) è < c
- inclinazione tanto minore, quanto maggiore è il valore dell’aliquota t.
La sua intercetta (= punto d’incontro) con l’asse delle ordinate diventa A= Co + I + G.
Vedi la . 6
. 6 - Imposte nette come funzione del reddito. L’effetto sulla produzione.
La retta ZZ° rappresenta la domanda aggregata in assenza di imposte nette. Le imposte nette lasciano invariata al suo livello A la domanda autonoma A =(Co+I+G) . Il loro effetto deriva dal fatto che riducono la propensione marginale al consumo e quindi la pendenza della retta ZZ.
Graficamente si ha una rotazione della retta ZZ verso il basso con perno in A, che la porta alla posizione ZZ(tY). Nel nuovo equilibrio la produzione si riduce da Y° a Y(tY). Lo spostamento della retta ZZ , con relativa riduzione della produzione Y, è tanto più ampio, quanto maggiore è la riduzione della PMC, e quindi il valore dell’aliquota t.
DI CONSEGUENZA
a) più alta è l’aliquota t , maggiore è la riduzione di c e quindi minore è il moltiplicatore m - e quindi
=> minore è l’effetto sulla produzione Y di ogni variazione della domanda autonoma (consumi autonomi Co - investimenti privati I - spesa pubblica per beni e servizi G )
=> le imposte nette ( imposte Ta e trasferimenti pubblici Tr) funzionano da STABILIZZATORI AUTOMATICI dell’economia
=> smorzano gli effetti che hanno sul Pil le variazioni autonome della spesa privata Co (consumo autonomo) e/oppure (investimenti
b) con una data aliquota t l’ammontare delle imposte nette T = tY varia insieme al PIL => perciò nelle fasi di recessione (PIL in calo) T diminuisce con effetto espansivo - e nelle fasi di espansione (PIL in aumento) T aumenta con effetto restrittivo
=> di nuovo si ha
=> si evitano le difficoltà politiche e amministrative delle MANOVRE DISCREZIONALI
( = quelle decise di volta in volta con apposite delibere del governo) – vedi § precedente
PERO’
c) con una data spesa pubblica per beni/servizi G le imposte nette T = tY che variano insieme a Y, varia insieme a Y anche il saldo di bilancio pubblico Sb = T – G
Vedi la . 7
. 7 – Imposte come funzione del reddito. Saldo del bilancio pubblico e andamento del PIL
La retta T=tY mostra l’ammontare delle imposte nette T che varia in funzione del reddito/produzione Y. La retta GG, parallela all’asse delle ascisse, mostra l’ammontare della spesa pubblica per beni e servizi, che è dato autonomamente.
La distanza verticale fra la curva T=tY e
Il saldo Sb tende a migliorare in misura +Sb ( maggior avanzo / minore disavanzo) nelle fasi di espansione => PIL Y pari a Ye - tende a peggiorare in misura -Sb (minore avanzo / maggiore disavanzo) in fasi di recessione => PIL Y pari a Yr.
Quindi in caso di recessione
=> siccome il disavanzo alimenta il debito pubblico, la stabilizzazione automatica aggrava automaticamente i problemi posti da un elevato debito pubblico in rapporto al PIL
=> caso tipico l’Italia – vedi sopra § 2.5
D’altra parte
=> se in recessione (= PIL in calo) per evitare il peggioramento del saldo Sb (=> T in calo) si volesse operare in pareggio riducendo la spesa pubblica G, si eliminerebbe l’effetto di stabilizzazione automatica del calo di T
=> in questo senso si può dire che se le imposte nette dipendono dal reddito (T => tY) il mantenimento del pareggio di bilancio ( Sb = 0 ) è una regola DESTABILIZZANTE
=> vedi Blanchard , cap. 3 – “Domande di approfondimento”, p. 79, n. 6.
Caso tipico l’Italia => in una fase di recessione - come quella attuale – si presenta il dilemma
- o lasciare operare gli stabilizzatori automatici ( il sistema delle imposte Ta e dei trasferimenti pubblici Tr) => effetto anti–recessione - ma lasciare aumentare il disavanzo - Sb
- o impedire l’aumento del disavanzo con manovre fiscali restrittive – ma rinunciare alla stabilizzazione automatica => niente effetto anti-recessione
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