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TEOCRITO
Poeta greco ellenistico vissuto dal 300 circa al 250 a.C. Dalle scarse notizie che si posseggono sulla sua vita, si ritiene che fosse originario di Siracusa, e da questa terra ebbe l'ispirazione per i suoi componimenti che cantano i pastori, la vita dei campi, il paesaggio mediterraneo; si dice anche che avesse soggiornato nell'isola di Cos, dove il poeta visse a lungo e conobbe Filita e Asclepiade, come è testimoniato dalle Talisie. A Cos L'Encomio di Tolomeo ci mostra Teocrito legato alla corte di Alessandria, dove certamente conobbe Callimaco, di cui fece suoi gli ideali artistici. Ignoriamo il luogo e la data della sua morte. Al fasto della corte di Tolomeo II Filadelfo ad Alessandria, preferì la vita semplice e tranquilla. Compose Idilli, piccoli componimenti ispirati alla vita di camna e a quella di città, ed Epilli, poemetti che avevano per soggetto una vicenda tratta dal mito di un eroe o di un'eroina. Fu il poeta che meglio interpretò le esigenze dei tempi e che seppe unire alla perfezione formale la sincerità del sentimento, riuscendo quasi sempre ad evitare quelli che erano i pericoli più gravi dell'ellenismo: l'erudizione e l'artificiosità. Uno dei suoi principali meriti è quello di essere stato il padre della poesia bucolica, raccogliendo il modello mitico di Dafni, il pastore-poeta cantato da Stesicoro, ed elevandolo a nobile e seguito genere letterario. Di lui ci sono pervenuti 30 idilli (di cui una ventina di sicura attribuzione), 24 epigrammi e la Zampogna, che è un carme urato in cui Teocrito fa sfoggio della propria abilità; i versi, che a ogni riga diventano più brevi, imitano visivamente la ura della zampogna di Pan. Gli idilli (quasi tutti in esametro e lingua dorica) sono brevi componimenti di contenuto vario; appunto in base al contenuto vengono divisi in:
Nei suoi Idilli, Teocrito rielabora i miti relativi alla poesia bucolica, facendolo però alla luce della sua epoca, quella ellenistica, nella produzione letteraria della quale si nota la convivenza di elementi maggiormente aderenti alla realtà, quali appunto l'approfondimento del mito in chiave psicologico-realistica, ed il ludus letterario, cioè il gusto del letterato che si diverte ad ammettere alla corte della poesia i pastori siculi. Questo contrasto tra realismo e ludus letterario è una caratteristica fondamentale dell'arte di epoca alessandrina, e negli Idilli e in modo assai evidente ogni volta che Teocrito evidenzia alcuni particolari realistici, per i quali dimostra ancora un certo gusto, e, parallelamente, quando fa parlare i suoi pastori. Alla fine, i suoi pastori sono tutt'altro che rustici nel loro modo di esprimersi, e si trova tra loro un certo lato aulico e cortese. Egli dunque si vale dell'antico motivo dei pastori cantanti e musicanti per presentare, nella sua poesia pastorale, cose di attuale interesse letterario, facendolo però in modo evidentemente scherzoso, in quanto sempre traspare la dissonanza tra l'elemento bucolico primitivo e quello letterario raffinato. Un tipico esempio è riscontrabile nel lamento per Dafni.
TEOCRITO
Nasce a Siracusa, che nel quinto secolo era la città più importante della Sicilia dal punto di vista culturale: era nata la retorica con Corace e Tisia, era nata la commedia dorica di Epicarpo; dopo Epicarmo, rappresentavano nell'area siracusana i loro mimi Sofrone e Senarco. Teocrito si forma in questo ambiente, ponendo molta attenzione ai fatti quotidiani.Della sua produzione poetica ci è giunto un Corpus contenente 30 carmi e una ventina di epigrammi. I 30 carmi del Corpus furono noti agli antichi col nome di 'idilli'. Con questo nome si intendeva un piccolo componimento senza alcun riferimento alla valenza pastorale ad agreste che il termine ha modernamente assunto. Un blocco omogeneo è rappresentato da 10 carmi bucolici: la fama di Teocrito è soprattutto legata a questi componimenti e l'autore è considerato il creatore di un vero genere letterario che verrà poi ripreso da Virgilio con le Eclogae. Caratteristica ricorrente di questi idilli è la loro struttura dialogica. Componente importante è la camna che Teocrito esaltò ed apprezzò. Molta attenzione aveva per le stagioni, in particolare per quel periodo dell'anno tra l'estate e l'autunno (opora), cioè quando vi è abbondanza di frutti; molta attenzione anche per le ore del giorno, in particolar modo per il mezzogiorno dominato dall'arsura, quando gli uomini si distendono vicino ai ruscelli per rinfrescarsi.
Altri suoi importanti componimenti sono i "mimi urbani", caratterizzati dai tratti più vivacemente realistici delle descrizioni e dall'ambientazione non rurale. Il mimo e la poesia bucolica hanno, comunque, caratteristiche affini per la modesta estrazione sociale dei personaggi e per la quotidianità delle situazioni. Teocrito non usa la koiné (una lingua unificata su base prevalentemente attica con elementi ionici ed infiltrazioni di parlate straniere), che l'età ellenistica adottò per superare il particolarismo dialettale ed avere un'unica lingua in tutto il mondo ellenistico; nelle sue opere prevale il dialetto dorico, ma sono presenti anche l'eolico e lo ionico.
Il metro da lui più usato è l'esametro di stampo epico, ma usa anche metri lirici. I carmi riconducibili al genere letterario del mimo sono tre.Tra i più importanti ricordiamo le "Incantatrici".
Il mimo si apre su una scena di magia: Simeta, abbandonata da un bellimbusto a cui si era donata, nel cuore della notte, sotto lo splendore della luna, prepara un intruglio che dovrà ricondurre a lei lo spregiudicato. Quando il filtro è pronto lo dà all'ancella che si reca ad ungere la soglia di casa del traditore. Rimasta sola la giovane ricorda alla luna la storia del suo innamoramento, il sacrificio per lui della sua verginità ed ora l'abbandono. Un ritornello "ascolta, potente Selene, da dove è nato il mio amore", crea un sottofondo di cantilena alle parole della donna. Ma nella notte silenziosa la luna volge serena il suo cocchio verso l'oceano: l'universo ignora il dolore umano. Simeta accetta questa indifferenza e rimarrà sola come prima a sopportare la sua pena.
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